Pisa, lo scempio del cadavere di Mussolini diventa "opera d'arte"

In una galleria d'arte a Pisa Mussolini appeso a testa in giù si trasforma in un "bungee jumper". La denuncia del pronipote del Duce: "Come può essere considerata arte quello che è stato uno scempio della nostra storia?"

Pisa, lo scempio del cadavere di Mussolini diventa "opera d'arte"

Quando la “macelleria messicana” di piazzale Loreto diventa arte. Succede nella piccola galleria iPazziFactory di Pisa dove è esposta una rivisitazione del celebre scatto che raffigura il cadavere di Benito Mussolini appeso a testa capovolta a un distributore di benzina.

Nella fantasia dell’artista pordenonese che l’ha realizzata, Simone Prudente, lo scenario si smaterializza. Sparisce la bolgia infernale di quel giorno di agosto, la ferocia, la calca, il sangue. Quell’orrore viene coperto da uno sfondo fucsia. Rimane solo la salma del Duce trasformato in un “bungee jumper”. Proprio così. In uno di quei ragazzi spericolati che per divertimento si lanciano nel vuoto con le caviglie assicurate ad una corda elastica. L’ennesima declinazione di un’ironia tanto macabra quanto stantia che non è certo nuova alle cronache ma al mondo dell’arte, forse, sì.

E allora c’è inevitabilmente chi si è interrogato sul senso artistico dell’opera. È il caso del pronipote del Duce, Caio Giulio Cesare Mussolini, nipote di Vittorio e figlio di Guido, che dal suo profilo Facebook parla di “stoltezza senza limiti”. “Come può – si domanda – essere considerata arte quello che è stato uno scempio della nostra storia?”. E pensare che fu proprio uno degli uomini più rispettati della Resistenza, Ferruccio Parri, a coniare il termine “macelleria messicana” in relazione a quegli eventi. Mentre Sandro Pertini ebbe a dire che quei fatti disonorarono l’insurrezione.

A più di settant’anni da quel giorno, prosegue il pronipote di Mussolini, lo scempio di piazzale Loreto rimane “una ferita

aperta” che “continua a essere rivangata e citata a vanvera”. Allora l’esortazione è quella di abbandonare la visione manichea della storia e smetterla di considerare una “schifezza come questa (il quadro) una opera d’arte”.

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