Poste pagherà 65mila euro per un buono fruttifero da 5 milioni di lire

La risparmiatrice riscuoterà così 26 volte il valore originario del 1989. L’azienda aveva deciso di saldare solo 28mila euro

Poste pagherà 65mila euro per un buono fruttifero da 5 milioni di lire

Riceverà 65mila euro la risparmiatrice che ha deciso di riscuotere l’investimento di un buono fruttifero risalente al 1989. Questa la sentenza del tribunale civile di Torino che ha condannato Poste Italiane a pagare alla titolare 26 volte il valore originario del buono che consisteva in 5 milioni di vecchie lire. Il concessionario postale aveva detto di essere disposto a pagarne un massimo di 28 mila euro.

Il buono fruttifero finisce in tribunale

Ma il giudice ha dato ragione alla ricorrente. Non è la prima volta che la battaglia a suon di euro che vede al centro i buoni fruttiferi delle Poste finisce in un’aula di tribunale. Come riportato da Repubblica si tratta quindi di una sentenza non di poco conto per tutti quei risparmiatori che si trovano a dover combattere contro le Poste per avere diritto ai rendimenti che spettano loro grazie al possesso di buoni fruttiferi postali riguardanti alcune serie emesse dopo il 1986.

Ai tempi era già uscita la serie ‘Q’ dei prodotti di investimento che vedeva tassi di rendimento molto più bassi rispetto a quelli del passato, ma spesso Poste continuava a utilizzare comunque i moduli della serie precedente, la ‘P’, mettendo solo un timbro sopra i vecchi rendimenti per indicare quanto avrebbero poi fruttato nel tempo. Però l’indicazione riportata per i nuovi tassi si riferiva solo ai primi venti anni di rendimento. Per questo motivo il titolare dei buoni, al momento di incassare, solitamente alla scadenza dei 30 anni, pensava di poter fare conto per gli ultimi dieci anni sui tassi della serie P, del 9 - 11 - 13 e 15%, contro gli 8 - 9 - 10,5 e 12% della serie Q.

Invece Poste puntava a pagare sempre e solo quelli più bassi. Solo nel 2020 erano stati ben 3mila i risparmiatori che avevano presentato ricorso all’arbitro bancario per vedersi riconoscere gli importi più alti. E tutti avevano avuto la legge dalla loro parte. Dalla primavera del 2020 Poste aveva comunque deciso di continuare a pagare solo i tassi bassi e non le somme maggiori, ritenendo che alcuni tribunali avessero emesso sentenze anche a loro favore. Chi non voleva accettare la scelta di Poste aveva quindi solo una possibilità: iniziare un iter giudiziario e fare ricorso al giudice ordinario in sede civile.

La sentenza del tribunale

Anche nell’ultimo caso la sentenza è andata a favore del risparmiatore assistito dall’avvocato Fabio Scarmozzino, il legale che assiste molti consumatori che vogliono intentare azioni legali. Il tribunale di Torino ha infatti condannato Poste a pagare 37mila euro in più rispetto ai 28mila che aveva inizialmente promesso a una risparmiatrice. Era quella la cifra che l’azienda riteneva fosse corretta per il buono fruttifero risalente al 1989 e pagato allora 5 milioni di lire che la signora aveva in mano e che alla fine le farà intascare ben 65mila euro.

Il legale ha così commentato: “É importante che tutti i risparmiatori in possesso di buoni delle serie O, P e Q-P, che ancora non hanno agito, o che siano già in possesso di una decisione favorevole dell'arbitro bancario, agiscano per la tutela dei loro diritti".

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