Il prossimo Papa? Può deciderlo il "grande centro"

L'elezione del prossimo Papa, al netto di tante ricostruzioni, può giocarsi nel mezzo. I moderati avranno un ruolo decisivo anche per il soglio di Pietro

Il prossimo Papa? Può deciderlo il "grande centro"
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Chi sarà il prossimo Papa? Non sappiamo se sia un esercizio di stile della stampa di settore o se effettivamente esista qualche elemento in grado di testimoniarlo: sono settimane che, attorno alle vicende della Santa Sede, si parla soprattutto di conclave, di "schieramenti vaticani", di equilibri cardinalizi, di correnti, di tensioni dottrinali, di distinguo e così via.

Forse, a contribuire, sono state le voci sulle "dimissioni" di papa Francesco - quelle che poi non si sono verificate - e tutti i retroscena di contorno - quelli smentiti puntualmente - , sulla malattia del pontefice. Il risultato comunque non cambia: è iniziato il topo-papa.

Pure se Jorge Mario Bergoglio è ancora sul soglio e non ha alcuna intenzione di dimettersi. Il toto-papa è peggio del toto-Quirinale. Se per il primo le variabili sono infinite come per il secondo, il Quirinale ha almeno il vantaggio di avere una scadenza. Per lo "scranno" più alto del Vaticano non c'è una data, un periodo utile o un semestre bianco: è tutto lasciato alla volontà di Dio.

Tuttavia, volendo anche noi provare ad esercitarci con questo filone, diremmo che ha ragione Francesco Antonio Grana quando, nel suo libro intitolato "Cosa resta del Papato. Il futuro della Chiesa dopo Bergoglio", che è stato presentato su Il Messaggero, annota quanto segue: "È evidente che le fazioni, quella progressista delusa per le mancate aperture del pontificato di Francesco, quella conservatrice che vuole un ritorno al regno ratzingeriano e quella bergogliana che, invece, vuole proseguire l’opera riformatrice del Papa latinoamericano, si stanno già organizzando per non farsi trovare impreparate nel momento in cui inizierà la Sede Vacante". Una ricostruzione sacrosanta che condividiamo.

C'è un però: quelli che vengono chiamati "ratzingeriani", che fanno così parte del gruppo dei "conservatori", si contano ormai sulle dita di una mano. Al contempo, è sussurrata l'organizzazione di un nuovo Concistoro tramite cui il Santo Padre potrà creare altri cardinali. Non si sa il "quando", ma è noto che si farà. E le scelte operate da Bergoglio in questi anni hanno sempre guardato con favore a porpore capaci di rappresentare la "Chiesa in uscita". Che il prossimo pontefice sia un ratzingeriano, insomma, è del tutto improbabile. Che il successore di Bergoglio, invece, sia un "bergogliano", sarebbe del tutto naturale. Ma non è detto.

Dal prossimo Concistoro capiremo pure quale sarà lo stato di salute della Chiesa italiana al prossimo Conclave: questo è un fatto certo. Ad oggi, né l'arcivescovo di Milano né il patriarca di Venezia fanno parte dell'assise cardinalizia. Come italiani, per così dire, abbiamo un peso specifico relativo, forse il più debole della storia. Nonostante questo, continuano ad essere avanzate le ipotesi del cardinal Matteo Maria Zuppi e del cardinale Pietro Parolin: sono loro due i cardinali del Belpaese che possono giocarsela secondo i più. Ma occhio pure alle nuove nomine con cui Francesco intenderà procedere.

Se a prevalere dovesse essere il "fronte progressista", di nomi buoni per il papato ce ne sarebbero molti: dal cardinal Luis Antonio Tagle al cardinal Reinhard Marx, passando per una sfilza di nomi che abbiamo provato a riassumere con questo articolo. Capiamoci: significherebbe che la maggioranza elettiva del primo pontefice gesuita della storia ha assestato un altro colpo alla storia della Chiesa. E ad oggi resta sul serio la prima suggestione in campo. Perché i ratzingeriani, che non arrivano a dieci per intendersi, possono aspirare al limite ad un'altra soluzione, che non è di ripiego ma che non li vede coinvolti in prima persona.

La strategia dei conservatori potrebbe essere questa: giocare di sponda con la maggioranza silenziosa, ossia con l'insieme di cardinali che non propende per il correntismo dottrinale. Ecco, se i ratzingeriani dovessero allearsi con coloro che progressisti non sono, la partita si presterebbe a tutta una serie di eventualità, e il Papa eletto potrebbe essere, per così dire, un moderato. Ai ratzingeriani, stando a quello che circola negli ambienti e che viene rivelato in maniera esaustiva in più occasioni da anni, andrebbe bene così. Perché a più di tanto i conservatori non possono aspirare.

Ecco perché, a ben vedere, il prossimo conclave non si giocherà sulla contrapposizione tra i due fronti e basta, ma pure sulle volontà del "grande centro". Il prossimo Papa passa da una dialettica di questa tipologia. Ma quanto "grande centro" sarà presente in seguito al prossimo Concistoro? Forse meno di quello che spererebbero i ratzingeriani.

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