Se tutti seguissero le disposizioni della Corte dei diritti dell'Uomo europea (Cedu) vivremmo nel migliore dei mondi. Un paradiso in terra. Purtroppo l'Alta Corte a volte scambia i propri desideri con la realtà e ancor più spesso, specie in Italia, i tribunali si ricordano degli orientamenti della Cedu quando gli fa comodo, dimenticandosene un attimo dopo. Allora prendiamo il caso dei 12 emigranti clandestini provenienti dal Bangladesh e dall'Egitto portati in Albania e per i quali un tribunale italiano ha intimato il ritorno prendendo spunto da una sentenza dell'Alta Corte europea. Ebbene, secondo la Cedu non si possono far rientrare in Paesi d'origine in cui ci sia il rischio di torture, trattamenti inumani, persecuzioni per una persona e in qualunque pezzo di territorio. Ebbene se fosse così - prendendo alla lettera il principio - neppure in Italia potrebbero restare basta pensare ai casi di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi, per non parlare dei 70 suicidi nelle carceri italiane del 2023 o degli 85 del 2022. Né potrebbero essere spediti negli Stati Uniti se si leggono le cronache degli omicidi delle persone di colore da parte della polizia americana o se ci si sofferma sugli Stati che ancora adottano nella più grande democrazia del mondo la pena di morte. Per cui da noi un tribunale intima di riportarli dal campo in Albania in Italia, ma intanto uno dei grandi Stati europei, la Germania, rimpatria migranti afghani in quel luogo ameno e di pace che è il Paese dei talebani.
A parte l'ironia, in terra, purtroppo, i paradisi non esistono. Ma c'è anche un altro aspetto interessante: il mutevole rapporto con la Cedu dei magistrati italiani. Lo dico per esperienza personale. Uno dei precetti dell'Alta Corte europea prevede che se un imputato è assolto in primo grado ed è dichiarato colpevole nel secondo, la Corte di Appello prima di capovolgere la sentenza dovrebbe riascoltare le testimonianze principali del processo. Una norma che ha una logica stringente: se un giudice interpreta le prove in maniera diversa dovrebbe averne contezza diretta.
A me un tribunale d'appello capovolse la sentenza di assoluzione senza riascoltare nessuno: uno dei giudici era stato 12 anni in Parlamento per il centrosinistra e aveva fatto due volte il sottosegretario. Ovviamente in Cassazione i miei avvocati si appellarono alla decisione della Cedu anche perché qualche mese prima l'ex capo della polizia, Di Gennaro, che aveva una condizione processuale come la mia (assolto in primo grado e condannato in secondo) era stato assolto dalla Suprema Corte che si era richiamata proprio al precetto dell'Alta Corte europea. Per me, però, quel principio non valse anche perché il relatore in Cassazione del mio processo era stato il capo di gabinetto del ministro di Grazia e Giustizia dell'ultimo governo Prodi.
Questo per dire che la Cedu per i giudici italiani è una grande dispensa da utilizzare all'uopo o da tenere chiusa a doppia mandata quando non incontra i loro desideri. Del resto da noi i tribunali hanno una tale autonomia che sulla carta potrebbero esprimere sentenze opposte su processi simili e nessuno direbbe niente; oppure i giudici di Milano potrebbero giudicare in maniera diversa lo stesso processo che fosse celebrato a Palermo. Da noi le sentenze non fanno giurisprudenza, non c'è come nei Paesi anglosassoni il Common Law. Anche le interpretazioni della Suprema Corte di Cassazione non hanno un potere vincolante.
Una pacchia per quei magistrati - speriamo pochi - che piegano il diritto alle loro simpatie politiche. Non sono vincolati nell'interpretazione delle leggi dalla Cassazione, figuriamoci se rispettano le decisioni di altri Poteri o istituzioni: c'è sempre una licenza poetica nell'interpretazione del diritto che può permettergli di incriminare per scelte squisitamente di governo il ministro Matteo Salvini o per spedire la premier Giorgia Meloni davanti alla Corte dei Conti.
In fondo la presidente del Tribunale che ha intimato al governo italiano di riportare indietro i migranti clandestini dall'Albania è anche la presidente di Magistratura democratica, la corrente delle toghe di sinistra: da noi la ragion politica, pardon di partito o di schieramento, vale molto più della ragion di Stato o del diritto.Augusto Minzolini
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