Quell'Italia che si sente Martinelli

Sono piccoli imprenditori, lavorano duro e non hanno la Porsche. E a un certo punto "sbroccano"

Quell'Italia che si sente Martinelli
Se avesse la faccia di Al Pacino sa­rebbe un eroe. E invece con quel giubbotto da grande Le­bowski è solo uno che invece di am­mazzarsi ha abbracciato un fucile a pompa. Quel fucile come un megafo­no, magari per farsi sentire, magari da Monti. Perché ci sono giorni in cui alla fine si «sbrocca». Capita a Delio Rossi. Capita a quelli con il giubbotto senza maniche, i disperati della pic­cola impresa, e fanno di peggio, tanto da rischiare otto anni di galera. Li conosci quelli come Martinelli. Hanno rughe feroci e lo sguardo di chi non sa più quale santo pregare o bestemmiare. Molti di loro sono anni che non votano più. Quando tornano a casa non hanno più la testa per parlare con i figli e di not­te sognano le carezze che non hanno fatto. Sui giornali li chia­mano imprenditori ma non han­no mai avuto una Porsche. Han­no mani grosse e stanche. Vivo­no di lavoro e i risparmi li usano per comprarsi una casa, per tradi­zione, per cultura di famiglia e il resto in bottega, in cantiere, in of­ficina, in falegnameria. L’altra Italia, quella degli eterni assistiti e del pubblico impiego, dei pro­fessionisti di incentivi e favori, con sempre un amico in politica, li chiama evasori. Alcuni, i peg­giori, razza di furbi, certamente lo sono. Gli altri, semplicemen­te, pagano un commercialista e sperano in Dio.

Non li avete mai visti ai concer­ti del primo maggio. Non sciope­rano. Non manifestano. Non oc­cupano. Non conoscono le otto ore. Non hanno welfare. Quando falliscono sono solo dei falliti. Perlopiù faticano come muli. La novità è questa. È che dentro ognuno di loro sta venendo fuori un Luigi Martinelli. Chiamatela parte oscura o l’eterna maschera di Mr Hyde, tirate in ballo quello che vi pare: follia, violenza, o un’altra immagine da guardare su YouTube. Non cambia. Quel Martinelli ti bussa dentro. Impre­ca contro neppure lui sa chi. Non dorme.Scalcia.Ti parla come l’io più selvaggio, come la voce malfi­data e tradita di Gollum, come il demone della disperazione, co­me la lunga schiatta di chi cerca di sopravvivere all’inverno del proprio scontento. Schiatta fru­strata, che fa l’equilibrista sul filo nero del fallimento e se guarda sotto non c’è paura. È peggio. È il game over. È la fine dei giochi. Co­me si vive da falliti? Quando per andare avanti ti arrampichi sui debiti e ogni giorno devi sceglie­re se pagare questo o quello, scommettendo sul creditore più paziente. E poi ti chiamano dalla banca e dicono che quello sco­perto non è più sostenibile e fac­cia in modo di rientrare subito. Tu dici che hai sempre pagato e, cavolo, almeno un po’ di fiducia. Il direttore, quello che un tempo ti sorrideva, ora allarga le braccia e come un’arma puntata parla di Basilea uno, due e tre e di tutti i patti e le convenzioni internazio­nali per non far fallire le banche. Il senso è che la crisi è brutta e le banche non fanno beneficenza e comunque il credito è una curva ad angolo, la cruna di un ago, do­ve non passano i cammelli, figu­rarsi i poveracci come te. I ricchi? I ricchi sì, perché in banca mica leggono il vangelo. Ma non è que­sto che fa impazzire i Martinelli. È il goccia dopo goccia. È la bollet­ta dell’Enel che questo me­se non sai dav­vero come pa­gare. Qualcu­no si è chiesto cosa succede a un artigiano, a un commer­ciante quando si spegne la lu­ce. Non c’è un cane che ti fac­cia credito e i parenti sono spari­ti. Arranchi, spostando i debiti al futuro. È una corsa che si fa sem­pre più pazza e feroce. Qualcuno finisce nelle mani degli strozzini, c’è chi si affida al gratta e vinci, c’è chi non ha la faccia di non pa­gare gli operai e c’è chi la fa finita. I Martinelli li chiamano impren­ditori e lo sono perché fanno im­presa, ma sono troppo piccoli per non affogare quando sale la marea. Ci avete mai pensato? In questo Paese dove per anni c’è chi si è arricchito con l’assisten­zialismo, con un welfare gigante­sco e costoso, se un miserabile sta davvero all’ultima goccia di speranza non c’è uno straccio di paracadute in giro. Il welfare è un affare per i professionisti del wel­fare.

Martinelli non ha più santi da evocare. Sta indietro con le tasse, sta indietro con i contributi, sta indietro con questa stagione di inflessibile rigore. Arriva la car­tella esattoriale. Ci sono debiti con l’agenzia delle entrate di 44mila euro. O paghi o ti pignora­no tutto quel che hai. Il demone di Martinelli è già impazzito. E tanti come lui stanno urlando in questo momento nelle case di quelli come lui. Ogni giorno qual­cuno ci pensa. Pensa al fucile a pompa. A fantasie da fumetto. A cose che dice e non farà mai. Nel 99 per cento dei casi Mr Hyde re­sta al guinzaglio. Non è che ti manca la rabbia. È la vergogna che ti frena. Perché questi resta­no borghesi, piccoli, ma borghe­si. Non sono abituatiall’indigna­zione pubblica. Poi un giorno il Martinelli di turno riceve altre due cartelle esattoriali. Sbianca. Non ce la può fare. Non più. Le apre. È poca roba. Non ha pagato il canone Rai e il consorzio per la bonifica delle acque. Che merda di tasse.

Al debito si aggiungono altri duemila euro. È la goccia in più. È qui che il demone di Marti­nelli non sente ragioni. Mette su la faccia di Al Pacino e per un gior­no si sente l’eroe, ordinario, folle e disperato, di tutti quelli come lui.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica