Ad arrestare Cesare Battisti, sabato 12 gennaio a Santa Cruz de La Sierra, in Bolivia, è stato un agente boliviano. L'uomo, ora, ripercorre quegli istanti di adrenalina e racconta di aver riconosciuto il terrorista dei Proletari Armati per il Comunismo, mentre si trovava in macchina in compagnia della figlioletta, seduta nei sedili posteriori. Di fronte a lui, dunque, Cesare Battisti in carne e ossa, accompagnato da due persone che temeva potessero essere sicari.
Ma il poliziotto boliviano ha fatto il suo dovere, senza paura: "Ho guardato intorno, c’erano due ragazzi in motocicletta, mi sono qualificato, ho ordinato di mettersi di traverso e bloccare il traffico. Quando li ho identificati, perché non potevo permettermi il lusso di sbagliare, e ho scoperto che erano colombiani, allora ho pensato: che idiota, sono due sicari che proteggono Battisti. Adesso uccidono me e poi mi uccideranno la bambina", le sue parole rilasciate al Corriere della Sera.
E invece no: quelle due persone non erano fiancheggiatori dell'ex leader dei Pac e lui ha così potuto procedere al fermo: ha avvicinato Battisti e gli ha puntato la pistola in faccia, col colpo in canna: "Giriamo con tre pistole.
In Bolivia, per i poliziotti, è una gara a chi sopravvive più a lungo. O meglio, a chi non viene ucciso prima". Ma non è stato ucciso nessuno e dopo 38 in fuga Cesare Battisti è stato finalmente assicurato alla giustizia italiana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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