“Sono disperato. Qualcuno maltratta mio figlio, disabile e tenuto in uno stato di grave malnutrizione. Portato continuamente all’ospedale per fratture o lesioni. Io non lo posso vedere ormai da mesi.” É un grido di aiuto quello di Leopoldo, padre di un ragazzo disabile di 17 anni, finito nel mirino degli assistenti sociali di Bari dopo la separazione con la compagna, madre del suo secondo figlio.
“Quando ci siamo separati ho accettato che mio figlio andasse a vivere da lei. Io potevo vederlo quando volevo e spesso stavamo assieme anche tutto il fine settimana.” Inizia a raccontare il papà. Il ragazzino è da sempre affidato ai servizi sociali di Ostuni, in provincia di Bari. É affetto da tetraparesi ipotonica, una malattia che colpisce le ossa e, a poco poco, impedisce l’attività motoria. “Ha bisogno di assistenza continua - spiega il papà - un genitore da solo non potrebbe gestire tutte le cure di cui ha bisogno.” E così, dopo la separazione, sono stati attivati i servizi domicialiari, attraverso i quali, i servizi sociali, avrebbero dovuto monitorare le condizioni psicofisiche del minore e relazionare periodicamente la situazione al tribunale dei minori di Lecce. Ma, nonostante la continua osservazione degli operatori, il padre si accorge che le condizioni del figlio peggiorano di giorno in giorno. “Era sempre più magro, mi raccontava che stava solo a letto e, infatti, vidi che perdeva sempre di più le capacità motorie. Provai a parlarne alla madre, ma sulla gestione di nostro figlio ci siamo sempre scontrati e lei, negava le evidenze che io denunciavo ogni volta.” Preoccupato, il papà decide di portare il figlio al pronto soccorso per andare a fondo sulle sue condizioni di salute e le sue paure diventano realtà. Il ragazzo viene ricoverato per “malnutrizione”.
“La madre ha scoperto che avevo ragione, ma invece di preoccuparsi per il figlio mi ha denunciato”. Spiega il padre con la voce che trema dalla rabbia. La mamma il giorno seguente presenta una denuncia a carico dell’ex compagno per non aver riaccompagnato a casa il figlio, motivo per cui arriva persino a chiedere la revoca della patria potestà nei confronti del papà. “Da quel giorno i servizi sociali mi hanno impedito di vedere mio figlio liberamente. Non hanno neanche sentito la mia versione dei fatti. Ho saputo tutto a cose fatte. Dovevo continuamente essere seguito da loro, che concordavano ogni singolo incontro.” Proprio lui, che si era preoccupato di salvare il figlio, in costante peggioramento da quando era andato a vivere con la madre, si è visto ostaggio delle pressioni dei servizi sociali e accusato di aver “rapito” il proprio bambino quando, in realtà, lo aveva soltanto portato dai medici.
Il tribunale visiona il caso. Il fatto non sussiste. Cade l'accusa nei confronti del padre. Ma, nonostante tutto, Leopoldo continua a non poter vedere suo figlio. Passano i mesi e la situazione continua a peggiorare. “Vengo a scoprire che mio figlio è andato in ospedale a causa di fratture e presentando, come scritto dal referto, lesioni ed ecchimosi”. La storia si ripete per tre volte. Una, la più grave, in cui il minore viene sottoposto ad un intervento al femore. Ma dove erano i servizi sociali a cui il ragazzo era affidato? Perchè nessuno ha mai denunciato la situazione, evidentemente al limite, in cui era costretto a vivere il ragazzo? Loro, che dovevano seguire e supportare il minore, perchè non hanno mai fatto niente? Sono queste, le domande che papà Leopoldo si pone. Domande a cui, adesso, verrà data una risposta in aula di tribunale. Due delle assistenti sociali incaricate di seguire il ragazzo sono, adesso, indagate per omissione di soccorso del minore e, nei loro confronti, è stato preso un provvedimento disciplinare da parte del consiglio dell’ordine. Sulla madre che, secondo le carte, ha rifiutato i trasporti in ospedale con i soccorsi chiamati dai vicini di casa che avevano sentito le urla del ragazzo, pende adesso un procedimento penale per maltrattamenti su minore.
Il papà, che da anni è anche il presidente de “I Nostri Angeli Onlus”, associazione che si occupa di ragazzi con
disabilità, adesso spera solo che sia fatta giustiza. “Aspetto soltanto che mi facciano rivedere mio figlio il prima possibile. Chiederò l’affido esclusivo. Ho avuto troppa paura.” E, intanto, attende la data della prima udienza.
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