Rebibbia, follia di una detenuta. Getta i figli dalle scale: uno muore e l'altro è grave

La più piccola, di quattro mesi, è morta. L'altro, 2 anni, è stato trasportato d'urgenza in ospedale e sarebbe in pericolo di vita

Rebibbia, follia di una detenuta. Getta i figli dalle scale: uno muore e l'altro è grave

Era detenuta nel carcere di Rebibbia, la mamma che ha tentato di uccidere i suoi due figli. Con uno di loro ha raggiunto il suo scopo, mentre per il fratellino c'è ancora speranza. Uno dei due figli, infatti è morto, mentre i medici stanno tentando di salvare l'altro bimbo, ancora vivo.

Il presidente della Consulta penitenziaria e responsabile della casa di Leda, Lillo Di Mauro, ha comunicato che "il fatto sarebbe accuduto all'interno della sezione nido, dove sono ospitati bimbi fino a tre anni". La casa di Leda, inaugurata nel 2017, è la prima struttura in Italia che permette alle mamme detenute di restare insieme ai loro bambini, per i quali sono allestite delle apposite aree: celle dotate di culle, ludoteca, cucina per prepare i pasti ai propri bimbi e un giardino con uno scivolo, dal quale si arriva percorrendo una scala.

La donna, 33enne di origini tedesche e probabilmente affetta da depressione, avrebbe gettato la figlia più piccola, di quattro mesi, giù dalle scale della sezione nido, per poi fare la stessa cosa con il bambino più grande, di due anni. La prima è morta, il secondo è stato trasportato d'urgenza in ospedale e sarebbe in pericolo di vita, trasportato in codice rosso al Bambin Gesù. Ha riportato un danno celebrale severo e le sue condizioni sono critiche: il bimbo dovrà subire un intervento chirurgico. La donna era stata condotta nella casa circondariale, dopo essere stata sopresa in flagranza di reato, per concorso in detenzione di stupefacenti. Proprio pochi giorni fa le era stata confermata la pena definitiva, che la condanna alla pena detentiva.

Nel carcere di Rebibbia è ora in corso un sopralluogo, da parte del procuratore aggiunto Maria Monteleone, coordinatore del pool dei magistrati che si occupa dei reati sui minori, per capire quale sia stata la dinamica dei fatti e come sia potuto verificarsi un simile evento in un carcere controllato come quello di Rebibbia, per di più in una parte sensibile della struttura, dove sono presenti i bambini.

"La tragedia di Rebibbia ci ricorda il dramma dei tanti, troppi bambini che crescono e vivono dietro le sbarre senza aver commesso alcun reato, da innocenti". È quanto afferma Mara Carfagna, vice presidente della Camera e deputato di Forza Italia, che ricorda anche di che "fu il governo di Silvio Berlusconi nel 2011 a porsi come obiettivo quello di farli uscire tutti, approvando la legge che ha istituito i cosiddetti Icam, Istituti a custodia attenuata, che permettono alla madre detenuta di scontare la pena in ambienti meno ostili per i bambini di quanto sia un normale carcere. Sette anni dopo, sono solo cinque le strutture dedicate e insufficienti le case protette: troppi bambini, almeno trenta, sono oggi condannati a crescere dietro le sbarre". Una situazione, "inaccettabile, oltre che pericolosa".

A detta del garante nazionale dei diritti dei detenuti, Mauro Palma, la tragedia era "imprevedibile, non c'erano elementi relativi a questa persona che lasciassero supporre un comportamento del genere". Resta, però, il problema della presenza di bambini in carcere, che "dovrebbe essere la soluzione estrema", perché "il bisogno e il diritto di un bambino che deve evolvere e sviluppare la sua vita deve essere prevalente anche alle nostre esigenze di punizione rispetto al genitore". Sarebbe quindi necessario predisporre delle strutture che offrano la possibilità ai bimbi di vivere in ambienti non detentivi, garantendo la sicurezza all'esterno.

Il ministero della Giustzia ha aperto un'inchiesta, "volta a ricostruire l'esatta dinamica dei fatti e ad

accertare eventuali profili di responsabilità", dopo che il ministro Alfonso Bonafede si era recato, nel pomeriggio, sul luogo della tragedia. La donna è accusata di omicidio e di tentato omicidio.

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