Minacce e ripercussioni pur di ottenere il reddito di cittadinanza: continuano ad arrivare notizie relative ai cosiddetti furbetti del sussidio grillino che, pur di ottenere l'ambito beneficio, non si sono fermati di fronte a nulla. Un vero contraccolpo per il Movimento 5 Stelle, che tanto si è battuto per difendere la sua misura.
Parlando dell'eclatante caso dei 16 romeni finiti in manette per essersi indebitamente appropriati del reddito (ha fatto scalpore il video su Tik Tok della figlia di uno degli arrestati), viene ora riportato, sempre nell'ambito dell’indagine della guardia di finanza, il racconto di un operatore di un Caf milanese, che ha ricevuto pensati intimidazioni da parte di alcuni soggetti fini al centro dell'inchiesta."Sia io che il mio titolare ci siamo rifiutati. Dopo qualche giorno, giovedì 8 luglio, all’apertura mattutina del patronato abbiamo trovato la serranda divelta e l’insegna sfilata dalla sua sede", è quanto riferito dalla vittima alle forze dell'ordine, come riportato da Il Giorno. A minacciare l'operatore del Caf, stando a quanto riportato, alcuni romeni.
Minacce e violenze: così ottenevano il reddito
Le autorità parlano senza mezzi termini di "condotte minacciose" portate avanti dalla banda di romeni, condotte che hanno portato all'appropriazione di ben 20 milioni di euro. I punti nevralgici dell'attività, stando a quanto ricostruito, erano la società Nova Servizi, il Patronato Sias e i Caf del Movimento Cristiano Lavoratori: qui i soggetti si recavano per presentare le domande all'Inps in cambio di ingenti somme di denaro. Guai ad opporsi: gli operatori onesti che rifiutavano di assecondare il gruppo, venivano sistematicamente minacciati.
"La Stelica (Izabela Stelica) ha iniziato a urlare nella sua lingua rumena e ad insultare tutti in ufficio dove c’erano anche altri clienti, il mio capo l’ha invitata ad andare via", ha raccontato il testimone alle fiamme gialle. Dire di no non era consentito, dunque. Tanto che la vittima in questione racconta di quanto accaduto la mattina dell'8 luglio, quando recandosi sul posto di lavoro i dipendenti avevano trovato serranda ed insegna danneggiate. "E attorno alle 15, lo stesso giorno, si presenta in ufficio un rumeno di circa 30 anni, alto, grosso, palestrato e con tatuaggi sulle braccia. Mentre mi insultava vidi che aveva in tasca un cacciavite con il manico nero, io avevo paura e tremavo", prosegue il racconto del testimone, "il mio capo gli diceva che non si poteva fare e lui continuava a urlare, sbattere per aria le sedie dell’ufficio, dare pugni violenti sulla scrivania. Ha fatto tutto questo per circa un’ora e mezza e si è calmato solo quando il mio capo ha ceduto".
Minacce, violenze. In questo modo, dunque, la banda è riuscita ad ottenere quanto voleva. Intimiditi a dovere gli operatori del Caf, Izabela Stelica si era poi ripresentata in ufficio per avviare le pratiche relative al reddito di cittadinanza.
La prova dei messaggi audio
La storia, fra l'altro, non finisce qui. Dalle indagini degli inquirenti, che hanno riguardato molte città, è emerso di molti altri centri coinvolti. Caf, ad esempio, considerati come veri e propri suk, dove era sufficiente presentare delle liste con i nomi e pagare per ottenere il sussidio, come è emerso da alcuni messaggi audio rinvenuti sul cellulare di Ebrahim Allam, rappresentante legale del Circolo del Movimento Cristiano Lavoratori di Milano Corvetto. Messaggi del tipo: "No zio, ti devo dare ancora 250 euro, 150 euro più 100 di quello dei due ragazzi. In tutto 250, non 300 zio. Fai il calcolo bene. Ti devo dare prima 150 più quelli delle due pratiche che hai messo a sera".
Una prova evidente, secondo gli inquirenti. E ancora: "Io ho sette persone che non hanno il codice fiscale, li hai fatti tu i codici fiscali sul calcolatore. Io ti pago lo stesso come prima, ti pago 100 euro a persona".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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