Alla ricerca di un'identità perduta

Gli abitanti delle terre giulie hanno sempre avuto un po’ la vocazione del giramondo, ma non dell’emigrante

Alla ricerca di un'identità perduta

Gli abitanti delle terre giulie hanno sempre avuto un po’ la vocazione del giramondo (prova ne sia che, vuoi per lavoro, vuoi per turismo, non esiste o quasi luogo al mondo in cui non capiti di incontrare qualche conterraneo). Costituzione del giramondo sì, ma non dell’emigrante. Rispettosi ad esempio della tradizione marinara di questi lidi, per anni e anni ampie schiere di marittimi hanno battuto le onde degli oceani, lontani da casa per lunghi periodi, staccati dalle famiglie in occasione di festività e lieti eventi, ma, come novelli Ulisse, concludendo a casa quel loro faticare.

In scia alla seconda guerra mondiale, una diversa realtà polverizzò fra meridiani e paralleli le genti di Istria, Fiume e Dalmazia. Il drammatico epilogo degli eventi bellici sconvolse la fisionomia di quei territori: il trattato di Parigi del febbraio 1947 mutilò la regione a beneficio della Jugoslavia. Da quello stravolgimento di equilibri e confini, conseguì una diaspora di una moltitudine di persone: sembrerebbero 350.000, anche se il numero è ancora controverso e scuole di analisi diverse riducono la cifra a 300.000.

Cittadini italiani, si trovarono improvvisamente privati di casa e nazionalità. Divennero loro malgrado protagonisti in un movimento di doppia emigrazione, la prima verso un rifugio in Italia, la seconda alla ricerca di una tranquillità economica che desse anche la possibilità di riacquistare un’identità di cui erano stati privati.

Molto spesso il governo jugoslavo non riconobbe le opzioni di italianità, per cui frequentemente i rifugiati provenienti dalle regioni istriano dalmate e quarnerine si ritrovarono ad essere classificati come apolidi.

Ad assistere ed a regolamentare tale esodo di massa ci fu l’IRO (International Refugee Organization), che riconosceva ai profughi il diritto ad emigrare sotto il patrocinio della Nazioni Unite.

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