La riforma della Carta straccia

Dietro al referendum ci sono limiti e pericoli della riforma. E una rischiosa cultura della "semplificazione e della velocità"

La riforma della Carta straccia

Dietro al referendum ci sono limiti e pericoli della riforma costituzionale. Ma non solo, c'è anche la cultura che ha ispirato il testo Renzi-Boschi, oggetto del quesito referendario. Una cultura della «semplificazione e della velocità», come ha sottolineato l'ex presidente della Consulta, Valerio Onida, che andrebbe applicata alla pubblica amministrazione e non al sistema costituzionale, e che rispecchia l'insofferenza mostrata dal presidente del Consiglio nei confronti di qualsiasi intralcio, opposizione e difficoltà che possa mettersi di traverso e impedirgli di perseguire i suoi obiettivi. Regole del gioco e norme costituzionali comprese.

Lo spirito autoritario che contraddistingue Renzi comporta una visione della democrazia decisamente più debole di quella dell'attuale Costituzione, i cui principali difetti si trovano nella prima parte e non nel parlamentarismo e nelle regole del gioco, certamente migliorabili, previsti nella seconda parte del dettato costituzionale. L'idea alla base della riforma renziana è infatti che si deve in primo luogo scegliere chi comanda e che questi non deve poi avere intralci e ostacoli al suo operato.

Quanto al referendum confermativo, va tra l'altro ricordato e ribadito, cosa che molti non sanno, che il quesito non prevede alcun quorum. Ma soprattutto va ribadito un altro passaggio: in un unico quesito referendario viene sottoposta ai cittadini una pluralità di materie diverse tra loro. Si va dalle disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario alla soppressione del Cnel, dalla revisione del Titolo V (sul regionalismo) della parte seconda della Costituzione alla riduzione del numero dei parlamentari, fino al contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni. All'intero pacchetto si deve rispondere «sì», se si approva, oppure «no» se non si è d'accordo. Anche se si è favorevoli ad alcune materie, ad esempio l'abolizione del Cnel, e contrari alle altre.

Nel caso della domanda sul contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la sua stessa formulazione appare quantomeno ingannevole e troppo vaga. Nonostante questo, i giudici hanno bocciato ogni ricorso. Quindi si vota e, se ci pensate senza neanche approfondire troppo, si vota sostanzialmente sul superfluo: si dovrebbe operare sul contenimento dei costi dello Stato e della pubblica amministrazione senza bisogno di una riforma costituzionale. Anche perché è chiaro che i cittadini non possono che essere d'accordo a contenere i costi delle istituzioni. Così posto, il quesito non è differente da uno che chiedesse agli elettori se sono favorevoli a contenere il numero di terremoti o a ridurre i conflitti nel mondo...

Il che svela la vera e unica natura del referendum: votare sul culto della personalità di Renzi. E, guardando i numeri, c'è il sospetto più che fondato che gli italiani l'abbiano capito. Per questo in vantaggio c'è il «no»: è un no al premier, più che alla riforma.

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