Monsignor Giovanni D'Ercole non è più il vescovo della diocesi di Ascoli Piceno: il presule ha rinunciato al suo incarico, preferendo ritirarsi ad una vita spirituale. Un arrivederci ratzingeriano, che sembra seguire le orme del papa emerito.
Più in generale, questo del disimpegno dagli affari gestionali dell'Ecclesia è un argomento di cui si dibatte negli ambienti cattolici, soprattutto negli ultimi anni. Un sentiero che altri potrebbero percorrere: la cosidetta "Opzione Benedetto". Chi ha letto il libro di Rod Dreher conosce quella strada: non andare più "incontro al mondo", con lo scopo di traghettare la fede cristiana al di là del guado costituito dalla secolarizzazione e dal relativismo. Pregare e basta o quasi, mentre tutto fuori sembra procedere in un'altra direzione. Il Benedetto del saggista americano è il Santo. Quello che ha voltato le spalle a Roma per via della corruzione. Il paragone con la rinuncia di Benedetto XVI risulta naturale.
Qualche conservatore pensa che la rinuncia dell'ex vescovo di Ascoli sia stata in qualche modo favorita da una richiesta precisa di Jorge Mario Bergoglio, ma il vescovo dimissionario non ha scritto questo nel comunicato tramite cui ha annunciato il ritiro: "Lo ringrazio - ha fatto presente l'ecclesiastico riferendosi al Papa - , perchè, accettando in anticipo la mia rinuncia - ha dichiarato monsignor Giovanni D'Ercole attraverso un video, come ripercorso dall'Agi -, mi ha dato la possibilità di realizzare una scelta su cui meditavo da tempo e che avrei voluto concretizzare al compimento dei miei 75 anni: tornare alle origini del mio sacerdozio, in Africa, tra 'i più poveri tra i poverì, come direbbe Santa Teresa di Calcutta". Il vescovo ha insomma ringraziato il pontefice argentino per aver accettato la sua "rinuncia". E il Santo Padre non avrebbe dunque spinto affinché D'Ercole lasciasse l'incarico.
Certo, D'Ercole nel filmato cita Joseph Ratzinger, ma questo per gli ambienti ecclesiastici non avvalla la ricostruzione su possibili dissidi con il regnante. Proprio ieri Bergoglio ha insistito, parlandone con l'Adnkronos, sulla continuità con il suo predecessore. L'ex vescovo di Ascoli Piceno - questo è da rimarcare - non si era distinto per prossimità al governo giallorosso. E questo è un fattore che differenzia l'azione del presule nato a Morino da quella di altri ecclesiastici, che invece hanno giocato di sponda con l'esecutivo in carica. Ma non è possibile interpretare l'abbandono, tenendo in considerazione motivazioni di carattere politico. Se non altro perché la Chiesa cattolica non ragione sulla base di questi parametri.
Fatto sta che monsignor D'Ercole si era schierato contro una delle decisioni più discusse del Conte bis ai tempi delle prime fasi della pandemia: "La Chiesa non è il luogo dei contagi…ma chi ve l’ha detto, Comitato Scientifico che la Chiesa è il luogo dei contagi…bisogna dire che il diritto al Culto che lo diate, se non ce lo date ce lo prendiamo, e se ce lo prendiamo è solo un nostro diritto…È una dittatura quella che impedisce il culto…abbiamo bisogno tutti di spazi di libertà. La figuraccia che avete fatto nel mondo intero deve essere lavata con un semplice gesto di restituzione dei dignità e di diritto", aveva tuonato all'epoca il monsignore. E ora il tema rischia di tornare prepotentemente d'attualità. L'ex vescovo, dunque, come buona parte della base cattolica, non intendeva abbassare il capo dinanzi al niet governativo sulle celebrazioni.
Possibile che, nel prossimo futuro, altri vescovi rinuncino? Possibile che D'Ercole apra una breccia tra gli altri alti ecclesiastici? Non sappiamo se D'Ercole, prima di scegliere, abbia soppesato l'idea di un ritiro alla ratzingeriana o alla benedettina maniera, ma è lecito ragionare sul fatto che pure altri vescovi perseguano una strada simile. La Chiesa - abbiamo già avuto modo di scriverlo - sembra trovarsi dinanzi ad un bivio: "uscire" - come sostiene papa Francesco - verso le periferie, i poveri, con l'imperativo della misericordia; ritirarsi dal mondo è la seconda opzione.
E questa seconda strategia parte da due presupposti: la certezza che il cattolicesimo stia diventando minoritario; la consapevolezza che soltanto l'ortodossia dottrinale - quella sgombra da "contaminazione" con "il mondo" - possa salvare la confessione cristiano-cattolica.
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