La rivincita del Veneto: l'evasione non è di casa

La rivincita del Veneto: l'evasione non è di casa

C'era una volta la storiella del Nordest sgobbone ed evasore. Delle partite Iva che chiedevano allo Stato di essere meno vorace perché sotto sotto volevano fare i furbi. Dei lavori eseguiti in nero, di nascosto dal fisco, il sabato, la domenica, di notte, in ferie, pur di non pagare le tasse. Una storiella, appunto. Perché in realtà il Nordest è la zona d'Italia più fedele all'erario, oltre che più sgobbona (questo si sapeva ma non è una barzelletta). Lo dice uno studio della Cgia, da anni attenta a cogliere i mutamenti economici del Paese più in profondità delle stime «ufficiali».La ricerca ha considerato vari fattori nelle 20 regioni dello Stivale: redditi, consumi, lavoro nero, litigiosità fiscale, rispetto degli odiatissimi studi di settore. A ogni indicatore è stato dato un punteggio e fatta una media, l'Italia è 100, chi sta sopra è più corretto verso il fisco. L'indice più elevato appartiene al Trentino (...)(...) Alto Adige: 166,4. Ma lì si parla la lingua della Merkel e poi il 90 per cento delle tasse resta in patria. Comunque, fossimo tutti come a Trento e Bolzano avremmo risolto ogni problema.Seguono il Veneto, appunto, assieme al Piemonte (valore di 133,5) e il Friuli Venezia Giulia (127,9) a completare il quadro. Tra le quattro regioni più virtuose verso l'erario compaiono le tre del Nordest. Tutto il Centro-Nord è sopra la media, con indicatori che si avvicinano ai 100 man mano si scende di latitudine fino ad approdare in Abruzzo che fa segnare un 101,3. Da Roma in giù è il disastro fino alle vere capitali dell'evasione: Molise, Campania, Sicilia e, ultima, Calabria (73,8).È la fotografia di un'Italia spaccata in due, ma questa non è una novità. La crisi ha accentuato le differenze territoriali e il Mezzogiorno arranca sempre di più. La novità è che le leggende su Pantalone che non vuole pagare perché l'evasione fa parte del suo Dna sono definitivamente da classificare come miti, favolette, panzane alimentate per distogliere l'attenzione dalle zone dove esistono i problemi veri. Anche l'Agenzia delle entrate ci ha messo del suo, martoriando le partite Iva nordestine con verifiche e controlli perché qui c'è lavoro e operosità. Altrove, dove lo Stato abbandona il controllo del territorio alla criminalità organizzata, non ci provano nemmeno a mettere le mani nella palude del sommerso.Se il Nordest pretende di rivedere gli studi di settore non è per intascarsi l'Iva, ma per sopravvivere. Se periodicamente minaccia di proclamare uno sciopero fiscale è per consentire alle aziende di tirare avanti e mantenere posti di lavoro e realtà produttive spesso all'avanguardia. Perché a est del Garda il dovere verso il fisco si è sempre fatto fino in fondo, a costo di sacrifici durissimi, e qualcuno ci ha pure perduto la vita. Per anni è stata fatta di questa fetta d'Italia una narrazione di comodo, falsa, del tutto lontana dalla realtà. Il diffondersi di proteste legittime è stato stravolto trasformandolo in un tentativo eversivo. Una generazione di operai che ha avuto il coraggio di diventare imprenditori di se stessi è stata fatta passare per una manica di truffatori che prendono per il naso Guardia di finanza, Agenzia delle entrate, Equitalia e compagnia bella. Il Nord del secondo miracolo economico è stato tartassato, vessato, spremuto e pure sbeffeggiato.I muli del Triveneto, assieme al resto del Settentrione, continuano a trainare tutta l'Italia. Secondo le stime del governo, osserva la Cgia, l'evasione si aggira sui 90 miliardi di euro all'anno.

Al Sud il rapporto tra imposte evase e gettito potenziale in alcuni casi sfiora il 60 per cento: 60 centesimi di gettito evaso per ogni euro regolarmente versato. Metà Paese vive sulle spalle dell'altra metà. Allora, per favore, basta con le balle sul Nordest evasore.Stefano Filippi

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