C’è chi la chiama rigenerazione urbana e chi invece grida allo scempio. Fatto sta che la rivoluzione del vetrocemento appare ormai inarrestabile e a suon di demolizioni avanza veloce nei quartieri storici della Capitale. Da Prati al Trieste, decine di edifici e palazzi storici vengono sacrificati in nome dell’aumento delle cubature, per fare posto a condomini dal design avveniristico.
Piazza Caprera cambia volto
Nel cuore del quartiere Coppedè, a svettare accanto alla villa liberty che fu di Beniamino Gigli ora c’è una gigantesca gru. Nonostante la maggior parte dei residenti la guardi di traverso, il progetto dell’archistar Alessandro Ridolfi va avanti. L’ex convento per cui si erano battuti comitati, associazioni e critici d’arte, alla fine è stato demolito perché non rivestiva “interesse artistico e storico”. E adesso a piazza Caprera rischia di ripetersi lo stesso scenario. Il dipartimento Urbanistica del Campidoglio ha già dato il suo placet per l’avvio dei lavori di ammodernamento di un palazzetto del 1908. L’edificio, registrato nella Carta della Qualità, verrà sovrastato da una struttura in cemento e vetro che ne aumenterà il volume sia in orizzontale, sia in verticale. Un intervento tutt’altro che “trascurabile”, mormorano i vicini. Sicuramente “estraneo allo stile della piazza”. “Le nostre strade sono abbandonate al degrado e la risposta dell’amministrazione è quella di permettere la realizzazione di progetti che stravolgono l’identità del quartiere”, si sfoga Barbara Lessona del comitato Amo Quartiere Trieste. “Non siamo contro l’innovazione - precisa Clara, che fa parte dello stesso comitato - ma vogliamo preservare la storia di questi edifici”. Il cantiere però è già in attività. Lo testimoniano i sacchi pieni di calcinacci accatastati accanto all’ingresso del villino. “Perché a me hanno negato il permesso di costruire una veranda e per opere di questo genere non oppongono alcun vincolo?”, si domanda una signora che abita poco lontano.
Se lo scempio è legalizzato
Il “trucco” sta nelle misure straordinarie contenute nel “Piano Casa” della giunta Zingaretti che, in deroga alle leggi comunali, permette di aumentare fino al 35 per cento – o fino al 60 in caso di edifici in condizioni degradate - la superficie esistente in caso di interventi di ristrutturazione o sostituzione edilizia. Il Comune, in sostanza, non può opporsi a progetti come quello di via Ticino o piazza Caprera, se questi risultano conformi alla legge regionale. “Questo lascia ai privati la possibilità di abbattere e ricostruire seguendo le leggi del profitto che spesso confliggono con gli interessi della collettività”, attacca Anna Maria Bianchi del comitato Carte in Regola, che nell’ottobre del 2014 manifestò a via della Pisana contro l’adozione del piano. “Questa deroga consente di demolire ed aumentare la cubatura anche in zone di pregio, e quindi di maggior valore commerciale, creando occasioni ghiotte per i costruttori che possono così rivendere gli appartamenti a cifre astronomiche”, spiega Nathalie Naim, consigliera del I Municipio di Roma. La Carta della Qualità, pensata per tutelare i beni storico-artistici della città, non è sufficiente ad arginare il fenomeno. Un po’ perché il parere della Sovrintendenza Capitolina non è vincolante, un po’ perché “la carta doveva essere aggiornata ogni due anni ma - denuncia la Naim - è rimasta la stessa dal 2008”. Dal canto suo, neppure il Mibact sembra essere stato particolarmente incisivo.
“Salvate villa Paolina”
“Nessuna zona è del tutto esente dal rischio speculazione, compreso il centro storico”, avverte la consigliera. Sul Lungotevere delle Armi, nel quartiere Prati, è stato dato il via libera al restyling di un palazzo incastonato tra due villini dei primi del Novecento. Permessi per costruire sono stati concessi ai Parioli e a San Lorenzo, in via dei Reti, via dei Liguri e piazzale del Verano. Largo XII Aprile, nel quartiere Nomentano, si prepara invece a dire addio ad un pezzo di storia del quartiere: Villa Paolina di Mallinckrondt. Il raffinato edificio degli anni '20, che ospitava la sede della casa generalizia delle suore della Carità Cristiana, è stato venduto alla società CAM, che sulle sue rovine getterà le fondamenta di un palazzo di otto piani, con annesso parcheggio interrato. Nei giorni scorsi Italia Nostra ha invitato il presidente uscente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ad intervenire per interrompere gli abbattimenti, mentre il consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Francesco Figliomeni, ha presentato un’interrogazione alla giunta Raggi per bloccare la demolizione della villa. Ma dalle colonne di Repubblica l’assessore all’Urbanistica di Roma Capitale, Luca Montuori, ha alzato le mani: “Il Comune non può imporre vincoli”. Un altro consigliere di Fratelli d’Italia, Andrea De Priamo, è convinto del contrario.
I grillini potrebbero “apporre il vincolo della Sovrintendenza sugli immobili che lo meritano e avviare una revisione del Piano regolatore per quanto riguarda la carta della qualità”, fermando così l’avanzata delle ruspe.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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