Costruire una metropolitana a Roma è quasi impossibile. La Capitale è come se abbia due città una sopra l’altra. La riprova si è avuta il 3 aprile scorso quando, nei pressi di piazza Celimontana, è stata resa nota la scoperta “del più antico Acquedotto romano, risalente al terzo secolo avanti Cristo”, come lo hanno definito gli archeologi.
“I resti — spiega al Corriere della Sera Simona Morretta, funzionario archeologo responsabile dell’area Celio per la Soprintendenza di Stato — sono emersi durante i lavori della Metro C, scavo iniziato più di due anni fa, per un pozzo di aerazione del diametro di circa 32 metri e che coinvolge una superfice di circa 800 metri quadri”. I dettagli della scoperta saranno illustrati oggi in un convegno alla Sapienza ma, intanto, la Moretta ha anticipato: “Solo grazie alle paratie di cemento per i lavori della metro siamo potuti scendere a quel livello, studiando per la prima volta tutta insieme l’intera stratigrafia di Roma, cioè partendo dalle case attuali e arrivando giù giù fino a una tomba con corredo funerario, due ciotole, risalente all’Età del Ferro, fine X-inizi IX secolo avanti Cristo”. Anche questa tomba, ritrovata per l’esattezza a diciotto metri di profondità dall’attuale piano di calpestio, è una novità per il Celio ma lo è soprattutto l’Acquedotto.
“Emerso al metro 17.40, un tratto lungo quanto l’intero diametro del pozzo, 32 metri, e alto circa due, composto da blocchi di tufo grigio, il cosiddetto cappellaccio. Sicuramente continua, a est e a ovest, ben oltre le paratie...”. L’opera ora è stata smontata blocco per blocco per un tratto di dieci metri circa, catalogata, «stoccata» in superficie e dovrebbe essere rimontata altrove perché sia aperta e visibile al pubblico.“A venti metri di profondità non era e non è possibile fare valorizzazione, per cui si punta a un rimontaggio futuro. Va detto comunque - spiega ancora l’archeologa - che scoperte del genere sono possibili unicamente grazie ai lavori della metro, a quelle profondità di solito non si scende, e questo è stato permesso solo grazie alle paratie, per noi studiosi un’opportunità straordinaria”.
“Ancora non ne conosciamo lo sviluppo in proiezione, ovvero da dove provenisse e dove andasse a finire. La fonte in questi casi è, come sempre, Frontino, autore di un noto trattato sugli acquedotti di Roma, la sua opera più importante, del 102 dopo Cristo. Lui li descrive tutti, ed è da Frontino che sappiamo che alcuni acquedotti passavano dal Celio. Nulla però era stato mai ritrovato”. “Gli intatti strati di interro — conclude Morretta — ci hanno fornito la data di abbandono dell’utilizzo, nella primissima età imperiale. Poi l’acquedotto fu usato come fogna in età tardo antica.
Altra curiosità, negli strati sono stati ritrovati avanzi consistenti di pasti, materia di studio eccezionale per l’archeo-zoologo. E ora sappiamo esattamente cosa mangiavano i romani aristocratici con le grandi ville nei dintorni".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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