I tentacoli del degrado romano si snodano in ogni angolo della città. Cartoni, baracche e insediamenti abusivi si possono trovare ovunque, dal centro alla periferia. E così può succedere che nel quartiere Tiburtino, a poche centinaia di metri dalla stazione ferroviaria, delle micro favelas compaiano anche tra i palazzi residenziali. Succede a largo San Giuseppe Artigiano, dove a pochi passi dalla parrocchia sorge una piccola bidonville. L’accampamento è lì da anni, e da anni i residenti denunciano lo stato di degrado e abbandono della zona. Degrado che ha già fatto una vittima: Tiziana Laudani, 37 anni, morta nell’agosto del 2016 dopo essere precipitata per otto metri in un parcheggio abbandonato per colpa del cedimento di una grata. Dopo la tragedia la zona è stata transennata e sulla rete ora resta un ritratto della donna, incorniciato dai fiori. Il suo nome compare anche sulla targa del vicino vialetto che le è stato intitolato. Ma la situazione, a distanza di due anni, non è cambiata di molto.
“Nel parcheggio sotterraneo ora vivono i punk con i cani”, ci spiega Fabrizio Montanini del comitato di quartiere Beltramelli-Meda. Pochi metri più avanti, invece, tra il cancello della chiesa e un piccolo parco, c’è l’ingresso della baraccopoli. Per arrivarci bisogna percorrere qualche decina di metri tra l’erba alta. Ad accoglierci è il latrato dei cani e gli scheletri dei carrelli usati per rovistare nei cassonetti. È già sera quando ci addentriamo tra le casupole. L’aria è pesante, colma di umidità e cattivo odore. Le scarpe affondano nel fango. Topi grandi come gatti attraversano veloci il vialetto e si infilano tra l’immondizia e i mobili accatastati. “Sono nostri amici”, sdrammatizza uno degli occupanti mentre ci fa strada all’interno dell’accampamento.
“Qui vivono circa dieci persone, siamo due famiglie”, ci assicura l’uomo. Ma la schiera di stamberghe sembra proseguire anche oltre. All’interno, tra bombole del gas, reti e qualche materasso, è tutto buio. “Abbiamo un generatore a benzina, ma non i soldi per comprare il carburante”, ci spega. Si guadagna da vivere facendo il muratore. “Ogni tanto”, specifica. “Lui ad esempio non può più lavorare – ci dice indicando un ragazzo dal volto emaciato, che fuma una sigaretta appoggiato ad un tavolo. “Ha la tubercolosi”, ci confessa candidamente. "Sì, ho la Tbc", conferma l’uomo mentre con gli occhi bassi continua ad inalare boccate di fumo. Il dorso magro è madido di sudore. “Faccio i trattamenti, prendo le medicine - ci assicura respirando a fatica – ho tutti i documenti”.
Una malattia, questa, che sembra essere tornata in auge nella Capitale, forse anche a causa delle condizioni igieniche precarie in cui vive il sempre più nutrito esercito di invisibili che trova rifugio nelle strade della Città Eterna. È di poche settimane fa, infatti, la notizia di un focolaio in due istituti scolastici del quartiere Monteverde, dove nel giro di due mesi sono stati accertati almeno tre casi, come conferma anche una relazione della Asl Roma 3.
L’uomo ci assicura di essere in cura. Quello che è certo però è che in casi come questo le istituzioni dovrebbero attivarsi per attuare adeguate misure preventive e di sanità pubblica. Queste persone, al contrario, sembrano totalmente abbandonate a loro stesse. Senza contare che l’ambiente malsano in cui sono costrette a vivere potrebbe favorire l’abbassamento delle difese immunitarie e la diffusione della malattia. “Ma dove cerco un’altra casa?”, si domanda, dal canto suo, uno degli occupanti.
“Noi siamo tranquilli qui”, assicura. “I vigili vengono ogni tanto, ma non ci hanno mai sgomberato”, ci spiega, mentre tra i cittadini cresce il disappunto per lo stato di abbandono in cui versa tutto il quadrante.
“Siamo preoccupati e stanchi, non ne possiamo più di tutto questo degrado a pochi metri dalle nostre case”, attacca Montanini. “Qui accanto ci sono una chiesa ed una scuola, non è possibile tollerare situazioni di questo tipo”, denuncia invocando al più presto un intervento del Comune.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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