Finito nel tritacarne della giustizia solo per una bugia: dopo cinque anni di inferno, un 45enne è stato scagionato dall’accusa di stupro grazie alle chat di WhatsApp. La storia arriva da Cassino, provincia di Frosinone, e vede protagonisti un operaio e una 25enne: ora la donna rischia di finire alla sbarra con l’accusa di calunnia.
Come riportato dal Messaggero, lei si era inventata la violenza sessuale per nascondere la “scappatella” al fidanzato. Messa alle strette dal compagno, complici alcune disattenzioni nel celare il tradimento, la donna ha puntato il dito contro l’amante. Una ricostruzione ben lontana dalla realtà, come confermato dalle indagini della Procura di Cassino: nessun abuso sessuale, ma una vera e propria storia clandestina, con rapporti sessuali consenzienti.
Assistito dagli avvocati Paolo Marandola e Sandro Salera, l’uomo ha reso noti i messaggi testuali e vocali scambiati con la presunta vittima. Prove dalle quali è emersa la maldicenza della 25enne: nessuno stupro, basti pensare alle numerose chat pre e post incontro. La Procura di Cassino ha dunque archiviato il procedimento nei confronti dell’uomo perché i fatti “non costituiscono rilievo penale”.
Un grande sospiro di sollievo per il 45enne dopo anni difficili e con pesanti ricadute: dai problemi in famiglia agli strascichi sul posto di lavoro – ha rischiato il licenziamento per la grana giudiziaria – fino al ritiro del porto d’armi.
Ma non è finita qui. Come evidenziato in precedenza, il magistrato ha aperto un procedimento nei confronti della donna per il reato di calunnia. “Ci costituiremo parte civile, perché il nostro assistito ha avuto tante ripercussioni negative”, il commento degli avvocati.
L’operaio, infatti, vuole essere risarcito dei danni morali e materiali subiti con l’avvio delle indagini, durate un lustro. Frosinone Today riporta che il processo dinanzi al Gup a carico della giovane è stato fissato per il prossimo mese di aprile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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