"Avevo paura". Non ha fatto che ripeterlo decine di volte Ikram Ljaz, il cugino di Saman Abbas, durante l'interrogatorio di venerdì pomeriggio in Procura a Reggio Emilia. Il 28enne, accusato di concorso in omicidio e occultamento di cadavere delle 18enne pakistana, ha ribadito la sua totale estraneità ai fatti.
L'interrogatorio
Un interrogatorio fiume, dicono, durato ben 9 ore. Eppure, dalle dichiarazioni del cugino di Saman non sembrano essere emersi dettagli rilevanti sull'eventuale luogo di sepoltura della giovane. Del resto, come avevamo già preannunciato ieri, c'era da aspettarselo che Ikram Ljaz fosse ancora abbottonatissimo data l'ipotesi di reato che gli viene contestato dalla Procura di Reggio Emilia: concorso in omicidio e occultamento di cadavere, sostengono gli inquirenti.
Secondo quando si apprende dall'edizione cartaceo de Il Resto del Carlino, il giovane avrebbe continuato a protestarsi innocente - lo aveva già fatto durante l'interrogatorio di convalida del fermo dopo l'arresto - negando la premeditazione di un piano criminale ai danni della 18enne pakistana. "Ho avuto paura", ha ripetuto incalzato dalle domande del sostituto procuratore Laura Galli, a capo delle indagini. Ma non avrebbe fatto menzione ad alcuna circostanza specifica né chiarito la sua posizione di indagato.
"Ha risposto alle domande"
Sono stati abbottonatissimi anche gli avvocati di Ljaz, Domenico Noris Bucchi e Luigi Scarcella, che non hanno rivelato alcun dettaglio relativo all'interrogatorio del loro assistito. "Ljaz ha risposto a tutte le domande poste in queste lunghe ore e ha chiarito la sua posizione. Non possiamo dichiarare il contenuto delle sue dichiarazioni", hanno riferito ai giornalisti assiepati all'esterno della Procura.
Su quanto riferito da Ijaz, ora gli inquirenti valuteranno se fare verifiche. Questo interrogatorio, chiesto dallo stesso Ikram, si è svolto dopo giorni di approfondimenti della difesa sui video e sul materiale finora raccolto dagli investigatori. Anche sull'indiscrezione trapelata di un ricorso al tribunale del Riesame per ottenere la scarcerazione del cugino di Saman, con udienza fissata nei prossimi giorni, i legali hanno mantenuto strettissimo riserbo: "Preferiamo non rispondere".
"Saman si poteva salvare"
Sulla vicenda di Saman è intervenuta anche l'Associazione Telefono Rosa. "Saman poteva essere salvata", ha dichiarato la vicepresidente dell'Associazione, avvocata Antonella Faieta, alle pagine de Il Resto del Carlino. "Lavorando tutti i giorni su questi casi mi sono resa conto di una grave lacuna - ha spiegato il legale - all'interno dell'articolo 18 bis sull'immigrazione nato proprio per contrastare la violenza. Non è stato infatti inserito il matrimonio forzato, fenomeno che riguarda soprattutto le giovani donne. Sono proprio loro che dobbiamo tutelare, dandogli la possibilità di emanciparsi dalla famiglia e dalla situazione in cui vertono".
"Non avere i documenti - ha proseguito la vicepresidente, riferendosi proprio all'esigenza di Saman di tornare a Novellara per recuperare il passaporto - è un doppio colpo per queste donne: da una parte si sentono
abbandonate dallo stato in cui vivono e dall'altra hanno il timore si essere rimandate nel loro Paese, ritrovandosi così sottomesse e senza via di fuga. La giustizia deve invece dimostrare di essere al loro fianco".
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