Uno scatto alla scheda elettorale gli costerà in totale di 15mila euro. È questa la condanna definitiva inflitta a un 77enne fiorentino che, alle elezioni politiche nel 2013, aveva scattato una foto alla scheda elettorale dopo aver espresso il suo voto. La Cassazione ha così rigettato il ricorso dell'uomo contro la sentenza della Corte d'appello di Firenze attraverso la quale la pena detentiva era stata convertita in quella pecuniaria.
Secondo quanto dichiarato dall'avvocato difensore dell'uomo, il presidente del seggio avrebbe dovuto invitare l'uomo a non introdurre nela cabina il proprio smartphone. Ma la Corte fiorentina aveva per contro affermato che "la norma punitiva non prevedeva affatto, come elemento costitutivo del reato contestato, il previo invito del presidente del seggio a non introdurre nella cabina elettorale strumenti atti a fotografare il voto espresso".
La Suprema Corte, con la sentenza depositata oggi, ha condiviso la conclusione dei giudici di secondo grado: "l'interpretazione letterale della norma (l'articolo 1 della legge 49/2008, sulla segretezza del voto, ndr) non si presta ad equivoci, nel senso che la condotta costituente reato è esclusivamente quella descritta nel comma primo della stessa", cioè "l'introduzione nella cabina elettorale di
strumenti atti a fotografare l'espressione del voto", a cui la norma "fa esclusivo riferimento nel prevedere la sanzione penale in caso di inosservanza".Una sentenza che fa riflettere, soprattutto a pochi giorni dal voto.
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