"Niente lavoro senza vaccino": cosa può succedere a chi si rifiuta

Va garantita la salute pubblica: ecco perché, se il datore di lavoro non potrà imporlo, chi si rifiuta di vaccinarsi potrebbe essere allontanato. E le ripercussioni potrebbero riguardare anche altri ambiti

"Niente lavoro senza vaccino": cosa può succedere a chi si rifiuta

La "battaglia" tra chi farà il vaccino contro il Covid e chi preferirà non farlo, nei prossimi mesi, avrà inevitabili ripercussioni anche sul mondo del lavoro.

Cosa rischia chi non si vaccina

Cominciano, infatti, a serpeggiare le prime ipotesi di cosa potrebbe accadere se il dipendente di un'azienda decidesse di non aderire alla campagna mondiale anti-Covid. Pochi giorni fa, (clicca qui) ci siamo occupati delle dichiarazioni al Fatto di Raffaele Guariniello, magistrato e giurista italiano, che senza mezzi termini ha spiegato come sia possibile il licenziamento dal proprio posto di lavoro. "La legge prevede l'obbligo di allontanare il lavoratore e di adibirlo ad altra mansione, ma solo 'ove possibile'", ha affermato il magistrato, spiegando che, in questo momento di smart working, "lo stato di emergenza non consente i licenziamenti ma in futuro il problema potrebbe presentarsi" perché "qualcuno potrebbe lamentare la violazione della libertà personale di non sottoporsi al vaccino ma per avere ragione dovrebbe prima cambiare la legge".

Obblighi per il datore di lavoro

Sulla stessa lunghezza d'onda anche il giurista ed accademico italiano, il Prof. Pietro Ichino, che in un'intervista rilasciata al Corriere ha spiegato quali sono gli obblighi per il datore di lavoro. "L’articolo 2087 del codice civile obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure suggerite da scienza ed esperienza, necessarie per garantire la sicurezza fisica e psichica delle persone che lavorano in azienda, il loro benessere", afferma Ichino, sottolineando come, a livello giuridico, sia possibile rendere obbligatorio il vaccino. "Non solo si può, ma in molte situazioni è previsto".

Il punto focale è che, mentre ogni individuo può decidere per sè cosa è meglio e cosa no, se ci si trova in un contesto di collettività (come accade a tutti nel mondo del lavoro), si deve tutelare la salute delle altre persone. "Chiunque potrà rifiutare la vaccinazione; ma se questo metterà a rischio la salute di altre persone, il rifiuto costituirà un impedimento oggettivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro perché la protezione del tuo interesse alla prosecuzione del rapporto cede di fronte alla protezione della salute altrui".

Cosa dice la Costituzione

In realtà, però, nel caso specifico la Costituzione italiana non obbliga espressamente i cittadini italiani a ricorrere alla vaccinazione: l'Articolo 32 specifica che, accanto alla tutela della salute garantita dalla Repubblica sia per l'individuo che per la collettività, garantendo le cure agli indigenti, "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". Il Prof. Ichino, però, spiega che se la scelta di non curarsi determina un rischio per la salute degli altri, a prevalere è la tutela di quest'ultima. "Se sono un eremita sono liberissimo di non curarmi e non vaccinarmi. Se rischio di contagiare familiari, colleghi o vicini di posto in treno, no: lo Stato può vietarmi questo comportamento".

Il codice civile. L'articolo 2087 del codice civile, impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie sia a prevenire i rischi che un ambiente lavorativo può causare, "sia quelli derivanti da fattori esterni e inerenti al luogo in cui tale ambiente si trova". Come dire: il fattore esterno è il Covid, non mi vaccino e rischio di portare il virus all'interno del luogo in cui mi trovo. Ecco che, a quel punto, scatterebbe un divieto.

In che modo? Se gli avvertimenti non basteranno, c'è il rischio che dalla prossima primavera (ormai fra pochi mesi), quando i vaccini saranno distribuiti su larga scala, il partito dei no vax potrebbe essere costretto a vaccinarsi perché lo Stato potrebbe imporlo. "Non solo può, ma deve farlo. Ovviamente se è ragionevole. In questo momento non lo sarebbe, perché non è ancora possibile vaccinarsi. Ma, via via che la vaccinazione sarà ottenibile per determinate categorie — per esempio i medici e gli infermieri — diventerà ragionevole imporre questa misura, finché l’epidemia di Covid sarà in corso", sottolinea Ichino.

Ripercussioni anche in altri ambiti

L'allontamento dal posto di lavoro potrebbe essere soltanto la punta dell'iceberg: da più parti circolano ipotesi per impedire ai non vaccinati l'accesso in alcuni luoghi pubblici così come l'impedimento di prendere un aereo se non si avrà un "passaporto" del vaccino in regola. Insomma, le limitazioni potrebbero essere molto numerose. "Dal momento in cui la scienza e l’esperienza indicano la vaccinazione come misura più sicura, anche questa può essere imposta: come può essere imposto a chi va in moto di non bere troppo alcol, e altrettaanto possono fare le compagnie aeree, i titolari di ristoranti o di supermercati", afferma il giurista.

Cosa accade in Europa

Così come in Italia, anche se il vaccino non è obbligatorio (per il momento) negli altri Paesi europei, presto potrebbe diventarlo "se le circostanze ne fanno una condizione per la sicurezza di altre persone". In Spagna, per esempio, verrnno presi i nomi di chi rifiuterà il vaccino: pur non essndo obbligatorio, chi deciderà di non farlo sarà inserito in un "registro" che sarà poi condiviso con gli altri Paesi dell'Ue.

Lo ha annunciato il ministro della Salute spagnolo, Salvador Illa, assicurando che il documento "non sarà pubblico" e sarà compilato "nel pieno rispetto della privacy", riporta il Messaggero. "È una misura ragionevole - conclude il Prof. Ichino - è un altro modo per individuare chi può costituire un rischio per chi gli sta vicino".

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