Dalla scomparsa all’assoluzione: tutte le tappe del caso Mollicone

Serena Mollicone è scomparsa nel 2001: oltre 20 anni di indagini, processi, e una giustizia che ancora non ha individuato le responsabilità

Dalla scomparsa all’assoluzione: tutte le tappe del caso Mollicone

Non c’è una verità giudiziaria al momento che riconosca univocamente le responsabilità nell’omicidio di Serena Mollicone. Dopo l’assoluzione di ieri nei confronti di 5 persone rinviate a giudizio per insufficienza di prove, “per non aver commesso il fatto”, è probabile che si aprirà a breve l’iter del ricorso.

Come ha sottolineato in una nota il procuratore di Cassino Luciano d’Emmanuele: “Questa Procura prende atto della decisione che la Corte di Assise nella sua libertà di determinazione ha scelto. È stato offerto tutto il materiale probatorio che in questi anni tra tante difficoltà è stato raccolto. La Procura di Cassino non poteva fare di più. Gli elementi a sostegno dell'accusa hanno superato l'esame della udienza preliminare. Il contraddittorio tra le parti nel corso delle numerose udienze celebratesi davanti la Corte evidentemente ha convinto i giudici circa la non colpevolezza degli imputati. Sarà interessante leggere le motivazioni sulle quali si farà un analitico e scrupoloso esame per proporre le ragioni dell'accusa innanzi al giudice superiore”.

La scomparsa e il ritrovamento

Guglielmo Mollicone

Il 1 giugno 2001 Serena Mollicone esce di casa per fare un’ortopanoramica all’ospedale di Sora, ma non fa più ritorno. L’intera cittadina di Arce si mobilita per le ricerche. Due giorni dopo, il 3 giugno, il corpo di Serena viene ritrovato in un boschetto, in località Fonte Cupa, da due volontari di Protezione Civile: ha mani e piedi legati con scotch e fil di ferro, la testa avvolta in un sacchetto di plastica. Le prime indagini sono coordinate dall’allora procuratore di Cassino Gianfranco Izzo e dai sostituti procuratori Maurizio Arcuri e Carlo Morra.

La prima vicenda giudiziaria

Il 6 febbraio 2003, viene arrestato il primo sospettato dell’omicidio: si tratta del carrozziere Carmine Belli, alla cui identità si è risalito da un appunto di Serena. L’uomo, fin dai primissimi momenti, rivendica la sua innocenza, che poi viene provata a seguito dei tre gradi di giudizio.

Il processo si apre il 14 gennaio 2004 e si chiude il 7 luglio successivo, con l’assoluzione di Belli, poi confermata in appello il 31 gennaio 2006 e in Cassazione 2006. Tantissimi i testimoni di questo procedimento, oltre 200: in appello erano stati chiesti 23 anni di reclusione e occultamento di cadavere sulla base di un presunto falso alibi di Belli e alcune presunte bugie. Ma la giustizia lo rimarca per tre volte: Belli è innocente come dice.

Il suicidio del carabiniere

La svolta nel caso Mollicone si ha l’11 aprile 2008, quando il brigadiere Santino Tuzzi viene trovato cadavere in un bosco. Il corpo è nella sua auto, con un colpo di pistola al petto: si pensa a un suicidio. Il 28 marzo precedente, il militare aveva parlato con gli inquirenti, affermando di aver visto una ragazza corrispondente alla descrizione di Serena fare il suo ingresso nella caserma di Arce ma di non averla vista uscire. La figlia Maria Tuzi ha sempre creduto che i fatti fossero correlati: “Sono certa che mio padre sapesse qualcosa e che era stato minacciato di ritorsioni nei confronti della famiglia”.

La testimonianza anonima

A “Chi l’ha visto?” giunge una lettera anonima con due fotografie. Si tratta di due pagine scritte a mano che descrivono alcuni momenti prima della scomparsa di Serena. È il 1 luglio 2009, ma in quel momento le indagini sembravano essere ferme.

La seconda indagine

Il 27 giugno 2011 alcune persone vengono iscritte nel registro degli indagati, su di essi devono essere eseguiti esami del Dna: sono l’ex ragazzo di Serena Michele Fioretti con la madre Rosina Partigianoni, l’ex maresciallo Franco Mottola con il figlio Marco e il carabiniere Francesco Suprano. L’indagine viene archiviata il 18 febbraio 2015: sono coinvolte centinaia di persone nei confronti di tipo genetico e dattiloscopico.

Nella caserma di Arce

La caserma di Arce

Il 13 gennaio 2016 i famigliari di Serena fanno opposizione e il gup Angelo Valerio Lanna dispone di proseguire le indagini in relazione alle ipotesi nella stazione dei carabinieri di Arce.

Bisogna attendere il 30 luglio 2019 perché la procura di Cassino chieda il rinvio a giudizio per gli indagati, si tratta di cinque persone: i già citati Franco e Marco Mottola, un altro membro della famiglia ovvero Anna Maria, moglie di Franco e madre di Marco, oltre che del maresciallo Vincenzo Quatrale e dell’appuntato Francesco Suprano. Quest’ultimo è accusato di favoreggiamento, mentre Quatrale è sospettato anche di istigazione al suicidio, oltre che concorso in omicidio.

Sono però i Mottola al centro delle accuse più pesanti. Il movente si sarebbe originato, secondo l’ipotesi della procura di Cassino, da una lite tra Marco Mottola e Serena Mollicone: dopo l’ortopanoramica, Serena avrebbe ricevuto un passaggio in auto da Marco, con il quale si sarebbe fermata a un bar, dove i due furono visti litigare. Quando Serena sarebbe andata in caserma per recuperare dei libri lasciati in auto, sarebbe stata aggredita. Secondo un'altra ipotesi sul movente, Serena sarebbe andata in caserma per sporgere una denuncia per droga.

I 5 indagati vengono rinviati a giudizio il 24 luglio 2020. Intanto, il padre di Serena, Guglielmo Mollicone, viene a mancare.

Il processo di primo grado

Il processo contro i Mottola e i due carabinieri ha inizio il 19 marzo 2021, il giorno della festa del papà: lo hanno notato in molti, papà Guglielmo ha riscosso in questi 20 anni solidarietà e sostegno da parte dell’opinione pubblica e questo sostegno continua anche oltre la sua morte.

Anche in questo processo i testimoni sono tantissimi, oltre 200.

Dopo un lungo iter giudiziario e qualche rinvio, il 4 luglio 2022 vengono chiesti 30 anni per Franco Mottola, 24 per Marco, 21 per Anna Maria, 15 per Quatrale e 4 per Suprano. Come è stato stabilito ieri dal tribunale, sono stati tutti assolti.

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