Scossone in Tim: si dimette l'ad Cattaneo

Vivendi licenzia l'ad Cattaneo, ma con un bonus da 25 milioni. Arriva un manager israeliano

Scossone in Tim: si dimette l'ad Cattaneo

Nessuna grande società europea di tlc ha cambiato proprietà quattro volte in vent'anni, tritando almeno il doppio dei capi azienda. Tranne Telecom Italia. Anche perché i governi di Francia, Spagna o Germania non avrebbero mai permesso un tale scempio nel settore industriale strategico a più alto sviluppo tecnologico degli ultimi 4 lustri. Ma tant'è. Quindi la prima responsabilità della deriva di Telecom (confermata dall'andamento piatto del titolo in Borsa negli ultimi 8-9 anni) è politica: al di là della privatizzazione, non si doveva permettere che l'efficienza delle nostre reti non fosse una priorità per il Paese.

Venendo a oggi, al di là delle formule formali, c'è il secondo licenziamento di un manager italiano da parte del gruppo francese Vivendi nel giro di un anno. Senza alcun apparente motivo di mercato. L'unico elemento evidente è il passo pesante con cui Vivendi, al cui vertice c'è il finanziere Vincent Bolloré primo socio privato in Mediobanca, si è mosso in Telecom. Prima a livello di governance; poi dando l'impressione di utilizzare il gruppo più ad uso di Vivendi che non nell'interesse di tutti i soci. In Telecom i francesi stanno perdendo oltre 1,5 miliardi e sono ormai pronti a tutto per recuperare. Una situazione diventata ancora più complessa con la scalata dei francesi a Mediaset dell'anno scorso, dove hanno investito 1,3 miliardi diventati ormai anche quelli difficilmente valorizzabili.

Per questo il cambio della guardia in Telecom

ha tutto il sapore di una mossa per portare la società sotto il commissariamento di una Vivendi in forte difficoltà. Gli elementi perché il governo italiano e le autorità alzino la guardia al massimo livello ci sono tutti.

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