Se papa Bergoglio è il leader immaginifico dei centri sociali

Bergoglio e i centri sociali. La sinistra usa il pontefice per promuovere una certa narrativa. Francesco, tuttavia, ha già "benedetto" i movimenti popolari

Se papa Bergoglio è il leader immaginifico dei centri sociali

Era l'ottobre del 2014 quando Bergoglio incontrò in Vaticano i cosiddetti "movimenti di base". In quella circostanza, le parole del pontefice vennero definite "molto più a sinistra di quelle dei partiti che dovrebbero esserlo nel proprio Dna" dal centro sociale Leoncavallo, un'organizzazione che tuttavia sottolineò di non essersi convertita al cristianesimo.

Il pontefice argentino è stato etichettato, sin dall'ascesa al soglio di Pietro, come un anticapitalista, un ambientalista, un terzomondista, un pauperista e, soprattutto, un immigrazionista. Da qui è nata un'evidente simpatia proveniente dal mondo degli antagonisti. Lo sdoganamento della teologia della liberazione, le aperture dottrinali, l'abbandono di una certa sfarzostità dei costumi, quella tipica degli anni ratzingeriani, la lotta alle posizioni precostituite della Curia di Roma, il dibattito accesso con i cosiddetti cattolici-tradizionalisti, gli elogi pubblici a Emma Bonino e Giorgio Napolitano, la teologia della "Chiesa in uscita", uno stile comunicativo nuovamente mediaticizzato, la tendenza alla comunione interreligiosa con i protestanti e con l'islam e, infine, l'allontanamento dalla battaglia culturale di Benedetto XVI contro il relativismo e la secolarizzazione, hanno fatto il resto.

Papa Francesco, forse suo malgrado, ha in qualche modo riempito un vuoto iconografico: alla sinistra massimalista italiana, da qualche decennio, manca un leader politico. Tanto da dover ricorrere spesso a raffigurazioni esterofile: Hugo Chavez, Pablo Iglesias, Fidel Castro e così via. E Bergoglio è stato "usato" per colmare quel posto vacante. La Santa Sede, se non altro, è geograficamente più prossima alle agitazioni sociali dei nostri rispetto a Cuba. Nel settembre del 2013, così come ricorda oggi Il Tempo, il centro sociale romano Intifada è arrivato a inviare una lettera in Vaticano: "Vi esprimiamo l' ammirazione e il rispetto che ha suscitato in noi l' operato che state svolgendo. - si poteva leggere nella missiva - Le Vostre dichiarazioni, i gesti che avete compiuto sino ad oggi, hanno ridestato la nostra attenzione nei confronti dell' operato della Chiesa, dal quale ci sentivamo estranei e lontani". E ancora: "La semplicità e la naturalezza con le quali Voi avete affrontato tematiche controverse della vita, quali la solidarietà, i diritti civili e, infine, la guerra, ci hanno spinto a ricercare un incontro con Vostra Santità", scrivevano gli antagonisti.

I no-Tav, nell'autunno del 2013, dichiaravano invece:"Ci sembra altrettanto significativo rimarcare, come per l' ennesima guerra che questo sistema sta mettendo in moto, la Chiesa si mostri più all' altezza dei tempi della Politica secolarizzata. Non essendo dei baciapile possiamo ben dirlo: un' istituzione da noi molto lontana è alme no in grado di cogliere la crisi, non solo di sistema ma di civiltà, che stiamo attraversando. Crisi di cui il Tav è un' esemplificazione chiara e concreta". Un Papa, insomma, di lotta, di governo e in grado di rappresentare le istanze di un mondo alla ricerca di un'icona.

Nel 2014, si diceva, Papa Francesco tenne un incontro con i movimenti popolari. In rappresentanza dell'Italia c'erano, in quella occasione, il Leoncavallo, Banca Etica, Genuino Clandestino e la Fabbrica Recuperata Rimaflow:"Diciamo insieme con il cuore: nessuna famiglia senza tetto, nessun contadino senza terra, nessun lavoratore senza diritti, nessuna persona senza la dignità del lavoro!", disse il pontefice in quell'occasione. "Continuare la lotta, ci fa bene a tutti", evidenziò il pontefice durante l'udienza con il Social Forum. E ancora: "Terra, lavoro, casa. Strano, ma se parlo di questo per alcuni il Papa è comunista" e invece "l'amore per i poveri è al centro del Vangelo".

Al centro dei testi sacri e della tradizione millenaria della Chiesa, dicono i tradizionalisti, ci sarebbero anche le questioni bioetiche, le differenze dottrinali con i protestanti, la necessità, specie di questi tempi, di una strenua difesa della famiglia naturale, quella di contrapporsi a certe prassi della contemporaneità, quali l'aborto e l'eutanasia, il pericolo dell'islamizzazione della nostra civiltà, il bisogno di parole chiare della Chiesa contro l'avvento del relativismo, il diritto per i popoli di non emigrare e di costruire un futuro nella e per la propria nazione e così via.

La "dottrina Bergoglio", però, sembra non voler accentuare troppo questi tratti e voler insistere, invece, sul tema dell'accoglienza a tutti i costi. Tanto che alcuni sono arrivati a etichettare il Papa come un "teologo dell'immigrazione". E sulla bontà dell'immigrazione "battono" quasi quotidianamente alcuni enti vicini o appartenenti alla Chiesa cattolica (Centro Astalli, Caritas, Cei) in sintonia con il radicalismo e con la sinistra terzomondista (Bonino, Boldrini, Fedeli). La campagna "Ero straniero", giusto per fare un esempio tra i tanti possibili, è stata sostenuta dall'unità di tutti questi protagonisti della scena politico-sociale italiana.

Un candidato del Partito Democratico ha persino posto Bergoglio nel suo pantheon con un fine meramente elettorale. Non è chiaro, insomma, se Francesco sia di sinistra.

L'unica cosa certa di tutta questa storia è la considerazione che una certa sinistra ha dell'uomo posto al vertice di Santa Romana Chiesa: un ideologo utile alla promozione di una certa narrativa, un militante del Leoncavallo vestito di bianco.

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