"Socialmente pericoloso". Ma il giudice dà il permesso di soggiorno allo straniero

Un cittadino straniero pregiudicato si è rivolto al Tar ricorrendo contro la decisione di questura e prefettura di Prato di revocargli il permesso di soggiorno e il giudice gli ha dato ragione: non basta essere "socialmente pericolosi"

Un'aula di tribunale (foto di repertorio)
Un'aula di tribunale (foto di repertorio)

Aveva subìto pochi mesi fa la revoca del permesso di soggiorno, a causa di una fedina penale macchiata nel corso degli anni da più condanne. Il giudice ha tuttavia ritenuto illegittimo questo provvedimento e ha invitato la questura a valutare nuovamente la posizione dell'uomo. Protagonista della storia è un cittadino straniero residente a Prato, al quale lo scorso inverno era stato revocato il permesso di soggiorno di lungo periodo “a causa di condanne penali e applicazione di misure di sicurezza”.

Stando a Notizie di Prato, l'uomo infatti è un pregiudicato che tuttavia vive e lavora in Italia da più di un decennio. Ed è proprio su questi due aspetti che lo straniero, assistito da un legale, ha imperniato il ricorso al Tar contro l'azione di questura e prefettura che lo reputavano (alla luce dei suoi trascorsi penali) "pericoloso per la società". E il giudice gli ha dato ragione, con sentenza pronunciata pochi giorni fa. Il motivo? Secondo il tribunale amministrativo regionale di Firenze non basta affermare la pericolosità sociale di uno straniero per revocare il permesso di soggiorno: occorre anche considerare ai fini della valutazione complessiva sia l'inserimento familiare che quello lavorativo. Questo perché si tratta di ambiti che (quando rappresentano elementi particolarmente radicati) secondo la legge superano la gravità di una fedina penale già pesantemente compromessa.

I giudici amministrativi hanno poi sottolineato come il cittadino straniero non abbia affatto contestato i reati da lui stesso commessi nel tempo e le conseguenti misure di sicurezza che gli sono state addebitate (e sulla cui base è scaturito il giudizio di “pericolosità sociale” di prefetto e questore). E ha posto l'accento allo stesso modo sul fatto che la questura non abbia effettuato quell'ulteriore attività valutativa che la norma impone, cioè la presa in considerazione della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo della persona straniera.

Un punto, quest'ultimo, in linea con i dettami europei, secondo i quali tali elementi possono essere ritenuti in determinate condizioni rilevanti e prevalenti. In questo caso, stando alla sentenza del Tar, l'attività valutativa è del tutto mancata, essendosi la questura di Prato limitata ad evidenziare la sussistenza di reati e misure di sicurezza a carico del cittadino senza considerare il resto.

Ed ecco quindi che la misura di revoca è stata ritenuta illegittima: la questura dovrà ora esaminare nuovamente la posizione dell'uomo e procedere ad una ulteriore valutazione sulla pericolosità sociale.

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