I cinesi si prendono le nostre terre

Cinesi sempre più attivi nel mercato agricolo italiano, ma tra acquisti maggiorati, coltivazioni intensive attraverso prodotti sindacabili e condizioni lavorative non regolarizzate, si sta sollevando una questione che rischia di mettere con le spalle al muro le amministrazioni toscane

I cinesi si prendono le nostre terre

Adesso i cinesi che vivono in Italia hanno deciso d'investire pesantemente nel settore agricolo. Per l'onorevole Giovanni Donzelli di Fratelli d'Italia "non sono mai stati contrastati". Stiamo parlando di quelle persone di origine asiatica che, in Toscana come in altre regioni d'Italia, hanno sì iniziato a puntare tutto sull'agricoltura, quindi sull'acquisizione dei terreni presenti nel Belpaese, ma attraverso procedure e metodi che non sembrerebbero troppo cristallini.

Il parlamentare citato, nello specifico, si riferisce agli episodi in cui non sono rispettate le normative e si arriva a trarre profitto dal lavoro nero, in tutti gli ambiti del settore primario, compreso quello agricolo. A evidenziare aspetti sindacabili di questo nuovo fenomeno è stato il quotidiano La Verità.

Alcuni, tra coloro che provengono dalla Repubblica del 'dragone', si legge sul giornale diretto da Maurizio Belpietro, selezionerebbero le terre più fruttuose e le pagherebbero molto più rispetto a quanto previsto di solito. Ma per quale scopo? I semi utilizzati per le coltivazioni, poi, risultano legali? La combinazione tra illegalità e lavoro non regolarizzato sembra fare da sfondo a tutta questa vicenda: i semi, per buona parte, arriverebbero in maniera clandestina, mentre i lavoratori dei campi sarebbero costretti a lavorare in "condizioni igieniche agghiacciante". Oltre, ovviamente, a non essere contrattualizzati. Ma non è finita qua.

I prodotti ricavati sarebbero poi venduti in banchi alimentari non conformi alla legge. Questi neo - imprenditori dell'agricolo si sarebbero accorti della bontà di questo meccanismo quando hanno dovuto risolvere il problema di garantire cibo, almeno quello di questa tipologia, a tutti i connazionali presenti in Italia.

Poi, una volta sperimentato per bene il sistema, avrebbero esteso il progetto, entrando di diritto nel mercato agricolo italiano. Vengono coltivate soprattutto quelle pietanze che presentano delle caratteristiche difformi rispetto a quelle italiane: cavolo, fagiolini, cetrioli, melanzane e altri ortaggi. Il tutto "sotto serra" e attraverso l'agricoltura estensiva. La Camera di Commercio, almeno per ora, segnala l'iscrizione di sole 114 aziende agricole collegate alla Cina. Ma non è escludibile che il peso economico di questi soggetti possa crescere negli anni.

A segnalare qualche aspetto ulteriore è stato Claudio Lombardi, che coordina la Coldiretti per la zona di Prato: "Hanno in gestione il 20% dei terreni lavorabili dell' intera pianura pratese - ha raccontato -, che corrispondono a più del 60% della superficie lavorata". E ancora: "Decine di ettari di terreno, completamente usati a serre e posizionati strategicamente lungo il crinale Sud tra le due province, particolarmente ricco di acqua e noto per essere tra le zone più fertili e produttive". Poi la parte riguardante i costi: "Anche dieci volte il prezzo di mercato - ha detto a La Verità, riferendosi a quanto sono disposti a sborsare per l'acquisto delle terre - , "ed è per questo che riescono ad averli facilmente".

Bisognerebbe evidenziare, ancora, le scarse condizioni igieniche, le destinazioni degli scarichi, i roghi appiccati nei campi, i pericoli corsi dalla cosiddetta biodiversità, i prodotti utilizzati per la concimazione, che non corrisponderebbero a quelli canonici e così via.

La responsabilità di tutto ciò, per le forze politiche che cercano di sollevare la questione, è ascrivibile pure alle amministrazioni che si sono succedute nella Regione Toscana nel corso degli ultimi decenni, tutte targate centrosinistra.

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