Nuovo ricorso alla strategia della tensione nella guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina in vista del summit tra i presidenti Donald Trump e Xi Jinping in agenda a fine mese in occasione del G20 in Argentina. A poche ore dalla mano tesa venerdì da Trump, pronto a sostenere come Pechino volesse un accordo, ieri si è materializzata la minaccia del vice presidente degli Stati Uniti, Mike Pence. Il terreno di scontro è stato offerto dal summit di Cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec) in corso in Papua Nuova Guinea. Il braccio destro di The Donald ha, infatti, ribadito la linea dura di Washington nei confronti della Cina nella guerra dei dazi in corso, se Pechino non cambierà le sue pratiche commerciali. «Abbiamo intrapreso un'azione decisa per affrontare il nostro squilibrio con la Cina», ha detto Pence. «Abbiamo imposto tariffe su 250 miliardi di dollari di merci cinesi, e potremmo più che raddoppiare quella cifra», ha aggiunto: gli Usa «non cambieranno linea finché la Cina non cambierà i suoi metodi». Quindi l'affondo sulla politica estera di Pechino: «Non accettate debiti che potrebbero compromettere la vostra sovranità. Gli Usa offrono opzioni migliori», ha detto Pence rivolgendosi ai leader in platea. «Non annegheremo i nostri partner in un mare di debiti, non limiteremo o comprometteremo la vostra indipendenza», ha aggiunto il vicepresidente Usa facendo un esplicito riferimento alla realizzazione della Nuova via della seta con cui la Cina punta a consolidare i collegamenti con Europa e Africa.
Poco prima Xi Jinping, da quello stesso palco, aveva invece avvertito come «il protezionismo e l'unilateralismo danneggiano la crescita globale. La guerra commerciale non produrrà vincitori»: «I tentativi di alzare barriere e interrompere legami commerciali va contro le leggi dell'economia e i trend della storia», ha detto Xi. «Chi sceglie di chiudere la sua porta non farà altro che allontanarsi dal resto del mondo. La storia ha dimostrato che lo scontro - sotto forma di guerra fredda, di conflitto reale o di guerra commerciale - non produrrà vincitori». Venerdì, Trump aveva invece detto come la Cina avesse inviato «una lunga lista» di impegni che si sarebbe presa sul commercio, che «non è ancora accettabile per me» perché ci sono «4 o 5 grosse cose rimaste fuori», che potrebbero essere oggetto di trattative in seguito. Trump aveva poi aperto alla possibilità di non imporre tariffe su altri 267 miliardi di merci esportate dalla Cina verso gli Usa, come più volte minacciato, perché appunto Pechino «vorrebbe fare un accordo».
Una tattica quella del pugno duro, che entrambi i Paesi
ricalcano da mesi, con ripetuti cambi di direzione, convinti di ottenere così il massimo dal compromesso su cui si sta lavorando sottotraccia per evitare (o ridurre) i danni di un eccessivo protezionismo pericoloso per tutti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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