La shaboo (detta anche ice o crystal meth) è una potente metanfetamina ritenuta dagli investigatori nove o dieci volte peggiore della cocaina. La dose standard, di appena un decimo di grammo, costa attorno ai 30 euro. Si tratta di un potente stimolante che provoca assuefazione e gravi danni al sistema nervoso centrale. È in grado di annientare fame e senso di fatica per 14-16 ore, causare dipendenza immediata e portare a comportamenti violenti, ansia, paranoia, confusione, insonnia e disturbi della personalità, preceduti da stati di euforia e apparente lucidità data dal rilascio della dopamina. Se assunta per periodi medio-lunghi può persino portare alla completa devastazione del volto, come mostrano le foto pubblicate nel settembre del 2014 da Rehabs.com, il sito di un ente che si occupa della riabilitazione dei tossicodipendenti. In pratica, in due anni si passa da giovani a vecchi: cadono tutti i denti, il viso abbandona irrimediabilmente la propria struttura e la pelle si riempie di acne e piaghe. Si perde l'appetito e si arriva a lunghi periodi di digiuno fino alla morte. È bassissima la percentuale delle persone che hanno provato la christal meth e sono riuscite a sopravvivere dopo dieci anni.
La shaboo è comparsa in Italia più di dieci anni fa - Questa droga, sintetizzata per la prima volta in Giappone nel 1893, è molto diffusa tra Filippine e Thailandia. È una "droga etnica" comparsa in Italia più di una decina di anni fa: la prima maxi-operazione dei carabinieri di Milano risale al 2007. Da allora, per la shaboo, numerosi arresti sono stati eseguiti in Lombardia, Toscana, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Umbria, Lazio, Campania e Sardegna. In Italia c’è stato anche un caso di morte per shaboo che risale al 2010: un ragazzo di 19 anni di Carpi, Enrico Rumolo, ha perso la vita fuori da un locale bolognese dopo aver ingoiato un mix micidiale di questa droga sintetica e di ketamina.
Nel giro di pochi anni si è diffusa tra gli italiani - Inizialmente definita "droga dei filippini", perché diffusa quasi esclusivamente tra le comunità di immigrati del Sudest asiatico, negli ultimi anni ha iniziato a circolare anche tra gli italiani. Nel novembre del 2014 un 29enne milanese è stato arrestato in piazzale Martesana, tra le auto del grande parcheggio vicino alla fermata Gorla del metrò. Si tratta di uno dei primi italiani finito in manette per la shaboo a Milano. Per acquistare lo stupefacente, smerciato per lo più all’interno di comunità immigrate, gli italiani devono guadagnarsi una profonda fiducia tra gli spacciatori stranieri.
Secondo l’ultima Relazione Annuale al Parlamento sulle droghe, nel 2014, in Italia i sequestri di droghe sintetiche, nel loro complesso, avrebbero registrato un incremento del 23,99 per cento. Nei traffici e nelle attività di spaccio sarebbero coinvolti principalmente filippini, cinesi, bengalesi, e vietnamiti, che spesso le fanno arrivare dai propri paesi d'origine facendole occultare all'interno di pacchi postali o lettere.
Una "fabbrica" di shaboo scoperta in un sobborgo polacco - Le vie della shaboo sono difficili da tracciare: le operazioni delle forze dell’ordine sono complicate dal fatto che intercettarla nei controlli aeroportuali è arduo, perché non ha odore e riesce a sfuggire spesso persino ai cani antidroga. Le indagini recenti hanno dimostrato che nel tempo si sono diversificati i canali di approvvigionamento dall'estero dello stupefacente e la rete per il successivo smercio al dettaglio sia a Milano, che in altre città italiane. L’ultima operazione, coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Luigi Luzi (gip Anna Mangelli) e conclusa con trentasei arresti e il sequestro di tre chilogrammi e mezzo di droga per un valore sul mercato al dettaglio di due milioni di euro, porta in Polonia.Una “fabbrica” di shaboo è stata, infatti, scoperta dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale nel sobborgo di Wolka Kosowska, a sud di Varsavia. Prodotta da uomini di origine vietnamita, giungeva in Italia occultata in intercapedini ricavate nelle autovetture, all’interno di borse o estintori modificati, passando per la Repubblica Ceca o l'Ungheria. Dopo aver attraversato il Passo del Tarvisio, i corrieri facevano tappa a Padova, grazie all’appoggio logistico di cittadini cinesi, per poi raggiungere Milano (a volte i viaggi proseguivano verso Prato). Nel capoluogo lombardo, i punti di arrivo e di stoccaggio erano tre: un appartamento in via Farini 74, il mini-market Hogkai di via Cogne 16 nel quartiere Vialba e (in un caso) la camera 307 presa da due persone all’hotel Huaxia di via Tazzoli, in zona Garibaldi (per vedere il video delle ultime operazioni clicca qui).
La shaboo nella Chinatown milanese - A gestire il traffico erano soprattutto cinesi. Tant’è che le indagini, nella primavera del 2014, hanno preso il via dagli accertamenti sulla faida, a colpi di pistola e di machete, tra due clan rivali della Chinatown milanese capeggiati rispettivamente dai fratelli Wu e da Wang Bin. Nell’ambito dello scontro per il controllo della prostituzione e delle estorsioni in via Sarpi, i protagonisti intercettati e pedinati discutevano sempre più spesso, quasi come fosse un’ossessione, della droga sintetica. Anche perché la resa economica di questa droga è enorme. Come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, i pagamenti per l’acquisto delle "partite" avvenivano tramite agenzie di money transfer. Nelle conversazioni telefoniche la shaboo assumeva diversi nomi.
Si parlava di "vestiti", "giacche", "pantaloni", "bottiglie di vino". Il "pezzo" stava a indicare una dose di un grammo e per "stecca" si intendeva un chilogrammo. L’indagine non è conclusa: si cercano altri criminali latitanti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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