È accusato di essersi intascato i soldi di una società italiana interessata al mercato del gas e del petrolio nordafricano. Per questo è finito nei guai il principe libico, Idris Al Senussi, discendente della famiglia reale spodestata da Mu'ammar Gheddafi. Nelle scorse ore il presidente aggiunto gip Stefano Meschini del Tribunale di Roma ha disposto l'imputazione coatta del 58enne, in Italia dalla caduta della sua famiglia. Ora dovrà rispondere di appropriazione indebita aggravata.
I fatti contestati risalgono alla primavera del 2012. All'epoca il principe era componente del consiglio di amministrazione della Energy Trading International Spa (ETI), con sede a Roma, che vanta soci in mezza Europa.
Nel corso di una riunione tenutasi nel maggio di tre anni fa, Al Senussi avrebbe sottolineato che, per raggiungere gli obiettivi commerciali al di là del Mediterraneo, sarebbe stato necessario "costituire una società a Tripoli, partecipata per il 51 per cento da partner libici e per il restante 49 da ETI", come si legge nella querela che ha dato il via al procedimento. Società che si sarebbe dovuta chiamare Newco e che avrebbe rappresentato "lo strumento essenziale per dialogare con le Autorità del paese e le società di gas e petrolio".
ETI (intanto divenuta ETI France), diede così incarico ad Al Senussi di procedere, facendogli un bonifico di 120mila euro e chiedendo di organizzare un incontro a Tripoli per stabilire il primo contatto con le autorità libiche. Se tutto questo però non si fosse verificato entro la fine di novembre del 2012 , tutti i soldi sarebbero dovuti tornare nelle casse della società.
Ad oggi, però, non si è tenuto alcun incontro, non è stata creata alcuna Newco, e non è stato restituito neppure un euro ai legittimi proprietari, come è scritto nella denuncia.
Il pm Simona Marrazza della procura capitolina, al termine degli accertamenti compiuti, ha ritenuto che quello consumato dall'indagato sia stato semplicemente un illecito civile. Così ha deciso di chiedere l'archiviazione del fascicolo d'inchiesta, a cui si è opposto l'amministratore delegato di ETI Roberto Giuli, con il suo legale, il professore Francesco Vergine.
Al termine della discussione sull'archiviazione, in camera di consiglio, il gip romano non si è limitato a chiedere alla procura ulteriori
accertamenti, ma ha disposto l'immediata imputazione coatta del principe.Ora il pm ha dieci giorni di tempo per formulare, nei suoi confronti, l'imputazione di appropriazione indebita aggravata. Solo dopo si aprirà il processo.
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