Presidente Giovanni Toti, domenica il centrodestra va al ballottaggio a Genova e La Spezia. Si può vincere?
«Alle precedenti elezioni a Genova non arrivammo neppure al ballottaggio, a La Spezia vinse il Pd al primo turno. Direi che già essere arrivati a questo punto equivale a una vittoria contro il Real Madrid al Santiago Bernabeu. Ora bisogna fare l'ultimo sforzo perché vincere rappresenterebbe una rivoluzione copernicana».
Una vittoria a Genova sarebbe un successo di Forza Italia, di Toti o di un modello politico?
«Di un modello politico. Siamo riusciti con la Lega, Fratelli d'Italia, Direzione Italia e le liste civiche a intercettare una domanda di cambiamento legata alla sicurezza e al bisogno di un rilancio economico delle città. Siamo una coalizione equilibrata, coesa, credibile, con programmi chiari di fronte a una sinistra prima troppo renziana e ora che Renzi non va più di moda nascosta dietro i dinosauri del passato come Bersani e D'Alema, una sinistra che non sa più interpretare il futuro e rappresenta il peggior passato e trapassato remoto».
Gli elettori del M5s chi sceglieranno?
«Sono da sempre critici verso il governo che non ha mai risolto un problema di Genova in questi anni e verso il Pd che qui rappresenta la difesa del privilegio e l'impoverimento del territorio. I dirigenti dei Cinquestelle possono dire ciò che vogliono ma sono certo che gli elettori sceglieranno il cambiamento con Bucci e Peracchini».
Una vittoria renderebbe tutti felici dentro Forza Italia?
«Mi auguro di sì. Sicuramente lo saranno coloro che hanno il coraggio di metterci la faccia e sono abituati a confrontarsi con il consenso. Ma se ci sarà qualche scontento ce ne faremo una ragione».
Lei ha detto: «Se si vince a Genova avremo una spinta per unire il centrodestra».
«Mi auguro che questa spinta ci sia in ogni caso. Visto il risultato del primo turno io credo che una coalizione unita possa aspirare al premio del 40% previsto dall'Italicum. Abbiamo la gigantesca e storica responsabilità di creare una alternativa».
Lei ha parlato di federazione, di partito-coalizione, di partito conservatore inglese. A cosa punta realmente?
«Io voglio avviare il percorso. Il punto di arrivo potrebbe essere un partito-federazione. Dobbiamo innanzitutto darci delle regole, confrontarci sui programmi, individuare meccanismi di selezione della classe dirigente. Ci sono le condizioni per stare insieme e dare un segnale di cambiamento come stiamo facendo in Liguria: stiamo cambiando molto, dai rifiuti alla sanità, abbiamo abbassato l'Irap ed eliminato il bollo auto sulle vetture non inquinanti. Abbiamo fatto decine di riforme in una Regione immobile da troppi anni. Questo modello può essere un esempio».
È vero che lei è entrato in conflitto con Mara Carfagna?
«Queste sono le solite voci maligne, io da sempre lavoro per unire, non per dividere. Lei ha una sensibilità più legata alle regioni del Sud, ma io credo che l'alleanza del Nord non penalizzi il Meridione. L'importante è non chiudersi nella logica del meno siamo, meglio stiamo».
Ha visto Berlusconi a «Porta a Porta»?
«Sì, l'ho trovato bello tonico».
È apparso come un leader pronto a lanciare una nuova sfida.
«Berlusconi è stato ed è l'anima del centrodestra. Ha la stima e l'affetto di tutti noi. Ma il centrodestra ha bisogno di costruire modelli per vincere per i prossimi 20 anni e tutti devono mirare a questo, a partire dai leader».
Cosa è accaduto davvero a Palazzo Grazioli tra lei e Berlusconi?
«Ho detto a lui quello che sto dicendo a lei ora. Gli ho detto che il Berlusconi che vorrei ritrovarmi di fronte è quello che sta o di qua o di là; che fa scelte chiare prima del voto; che il proporzionale è contro la sua natura perché non è fatto per giocare in difesa. Lui è abituato a vincere e sono convinto che, sotto sotto, la pensi come me».
Cosa chiede a Berlusconi?
«Di recuperare la vocazione maggioritaria, di non cercare Papi stranieri ma valorizzare la sua classe dirigente, fatta di amministratori locali, sindaci e consiglieri regionali, senza cooptazioni, di costruire il futuro premiando chi merita. Sono tutte cose che mi sono state trasmesse da lui».
Ma il centrodestra classico è ancora adatto ai tempi?
«Deve saper adeguare i suoi valori storici al presente, a un Paese fiaccato e intimorito dalla crisi e trovare una unità profonda e non solo tattica».
Lei è diventato l'anima critica di Forza Italia, una sorta di competitor di Berlusconi. Si riconosce in questo ruolo?
«Non mi sento il competitor di nessuno, figuriamoci di Berlusconi. Sono stato direttore di due telegiornali, l'europarlamentare più votato dopo Berlusconi nel collegio del Nord-Ovest, ho vinto in una Regione quasi impossibile. Abbiamo vinto a Savona e siamo primi in finale a Genova e Spezia.
Credo di aver dato il mio contributo e resto a disposizione. Continuerò a dire cosa penso e questo non mette in discussione la stima e la gratitudine per Berlusconi. Se altri facessero lo stesso sarebbe un bene per tutti, Berlusconi compreso».
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