“La prima buona notizia è che posso, anche se a fatica, mangiare da sola. La seconda è che in questi ultimi mesi ho scoperto di avere una marea di amici, tante persone che sono riuscite a darmi una forza immensa”. Scrive Valentina sulla sua pagina facebook. Valentina si chiama Pitzalis, vive a Carbonia, in Sardegna. Fino all’anno scorso era una ventisettenne come tante. Vita in provincia, il sogno d’amore che sfuma presto (era separata dal marito da un anno), solare e bella come la principessa inglese Kate a cui somigliava in maniera impressionante. Fino alla notte del 17 aprile 2011. Quando la casa di Bacu Abis, frazione di Carbonia, dove Valentina si trovava con il marito, Manuel Piredda di 28 anni, si trasforma in una trappola infernale. Un incendio doloso provocato da Piredda devasta l’abitazione. Lei rimane imprigionata tra le fiamme, è cosparsa dal cherosene che lui, in preda a una furia omicida, le aveva gettato addosso. Qualcosa di quel piano diabolico va storto, Piredda rimane prigioniero delle fiamme e muore carbonizzato. Valentina invece è raccolta con ustioni gravissime su ogni parte del corpo. La rinascita è un cammino lento, passa attraverso 21 interventi per coprire i tessuti ustionati «poi mi ricostruiranno il naso, le orecchie, mi ridaranno un volto - scrive Valentina su Facebook - so bene che non potrà più essere quello di una volta. E poi bisognerà pensare alle braccia, alla mano che sono riusciti a salvarmi e a quella che non c’è più». Valentina mostra le foto del braccio finto che l’aiuta nelle faccende. Scrive i nomi delle persone e delle associazioni che l’hanno aiutata finora, anche Sandra Milo ha organizzato uno spettacolo per lei. Tra queste l’associazione di Michelle Hunziker www.doppiadifesa.it. “Se pensate che io sia una guerriera sappiate che, per questo, devo ringraziare mia madre”. La testatina scelta per la pagina Facebook mostra un fumetto, sono le guance tonde di una bimba che soffiano forte sul fuoco mentre una fiammella scappa via e c’è scritto: “Io le ho spente”. Cosa vuole Valentina? Non cerca soldi, anche se la pagina riporta un numero di conto corrente (“gli interventi sono a carico del sistema sanitario ma non l’arto mioelettrico, inoltre la mia famiglia ha speso tanto per creme, lozioni e cuscini speciali che mi permettono di stare seduta o sdraiata senza soffrire”). Dice: “Io voglio vivere, farvi conoscere la mia storia e chiedervi un piccolo aiuto”.
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