Stragi del 1993: i retroscena inediti dietro le accuse a Rosa Belotti

Si è svolto ieri l'interrogatorio di Rosa Belotti, sospettata di essere la "biondina" della bomba in via Palestro. Ma le cose non tornano e dietro il suo coinvolgimento potrebbe esserci molto di più di una foto vecchia di 29 anni

Stragi del 1993: i retroscena inediti dietro le accuse a Rosa Belotti

Si è svolto nella giornata di ieri, presso la procura di Firenze, l'interrogatorio di Rosa Belotti, la donna bergamasca sospettata dai procuratori fiorentini che indagano sul biennio di sangue 1993/94 di essere la "biondina" vista da testimoni in via Palestro, a Milano, la sera del 27 luglio 1993, scendere dalla Fiat Uno bianca che esplodendo uccise cinque persone.

Torchiata per quasi tre ore, la donna - come ha fatto sin da subito - ha negato ogni addebito. Secondo indiscrezioni filtrate già poco dopo la fine dell'interrogatorio condotto dal Ros dei Carabinieri, gli inquirenti avrebbero sottoposto alla donna l'istantanea ritrovata con modalità piuttosto singolari ad Alcamo Marina, provincia di Trapani, nel 1993 da un poliziotto all'interno del volume di un'enciclopedia.

Rosa Belotti è crollata di fronte all'evidenza: in quella foto è proprio lei, ma non ha idea di come quella sua istantanea sia finita fino in Sicilia. Gli inquirenti sono arrivati alla Belotti proprio attraverso quella foto e grazie alla comparazione con un identikit stilato dopo la bomba milanese sulla base del racconto dei testimoni. Una comparazione effettuata grazie a un software chiamato C-Robot che avrebbe dato un risultato del 67% di compatibilità. Questi i fatti.

Adesso però prendiamoci un attimo per analizzare la situazione. Non serve un giurista per capire che con un risultato del 67% un qualunque avvocato alle prime armi sarebbe in grado di smontare l'accusa piuttosto facilmente. Davvero una foto di 29 anni fa (ma stando a fonti ben informate le foto sarebbero due) può inchiodare una persona - in questo caso una mamma e una nonna - a una cosa così orribile come un attentato terroristico? Un attentato - per inciso - fino a pochi giorni fa, seppur tra mille sospetti, attribuito solamente a Cosa nostra.

Il sospetto - forse qualcosa di più di un sospetto - è che non ci sia solamente questo dietro il fermo della donna bergamasca. Stando a fonti attendibili, IlGiornale.it è venuto a conoscenza di un dettaglio per ora ancora privo di conferme ufficiali, ma che spiegherebbe molte cose. Sembra infatti che dietro le accuse mosse a Rosa Belotti vi siano le testimonianze di almeno tre persone. Una di queste, con un passato criminale alle spalle, potrebbe aver condotto gli inquirenti sulla pista decisiva passando dall'auto utilizzata per l'attentato in via Palestro.

Verrebbe meno, allora, la versione ufficiale circolata nei giorni scorsi che voleva l'individuazione della Belotti avvenuta dopo un viaggio dei procuratori aggiunti di Firenze Luca Turco e Luca Tescaroli ad Alcamo Marina, per interrogare il poliziotto che nel 1993 ritrovò la foto di cui tanto si sta parlando e che - alla luce dei dettagli emersi - pare sempre di più come uno specchietto per le allodole. E anche su questa vicenda della foto i conti non tornano e la storia ufficiale lascia più di qualche interrogativo.

A che titolo il poliziotto Antonio Federico, all'epoca ispettore, si recò nella casa di uno dei due carabinieri appartenenti al Sismi (ma anche su questa appartenenza ai servizi segreti militari ci sono versioni discordanti) dove venne trovato l'arsenale riconducibile a Gladio e la foto della "biondina" di via Palestro? A chi rispondeva? Chi erano i suoi superiori? E perché, cosa ancora più strana, ha consegnato la foto solamente nel 2008?

Non è pensabile che un ispettore prenda l'iniziativa scavalcando la rete di comando, non se la posta in gioco è una "soffiata" che porta a una santabarbara; non se si tratta di scavare nei cassetti segreti dell'Arma.

Insomma: la storia del ritrovamento della foto fa acqua da tutte le parti e ci chiediamo se le stesse domande che ci stiamo facendo noi, se le siano fatte gli inquirenti dell'epoca.

In attesa di ulteriori sviluppi, continueremo a seguire la vicenda che - giorno dopo giorno - apre crepe sempre più profonde nella storia non solo dello stragismo mafioso, ma dell'Italia intera.

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