La faccia sorridente, gli abiti impeccabili, i selfie da ragazzino e quell'orologio così vistoso da apparire quasi fastidioso. Ad osservarlo dai social Guerlin Butungu, il 20enne congolese accusato di essere il capobranco degli stupratori di Rimini, poteva sembrare il prodotto perfetto dell'accoglienza italiana: integrato, felice e col permesso di soggiorno. Tutto falso.
Sotto quel cappello alla moda si nascondeva un uomo capace di raccogliere attorno a sé quattro minorenni e seminare orrore sul lungomare romagnolo. I responsabili della cooperativa di Pesaro che l'aveva accolto (a spese nostre) sono increduli: "Mai creato problemi". E allora in tanti si saranno domandati: ma cos'è successo? Dove abbiamo sbagliato? Risposta semplice: all'inizio di tutta la storia.
Dopo essere sbarcato a Lampedusa nel 2015, infatti, Butungu presenta (come tutti i migranti) regolare domanda di asilo. Entra nel sistema di accoglienza e ci rimane un po'. La Commissione territoriale per il diritto d'asilo lo interroga, ascolta la sua storia, valuta se è idoneo a diventare un "rifugiato" e poi risponde picche. Niente da fare. Il 20enne congolese non ha i requisiti per ottenere l'asilo. Poi però, come riferito dal Corriere, viene deciso che ha le carte in regola per ricevere un "permesso di soggiorno per motivi umanitari", un pezzo di carta che ti dà la possibilità di rimanere nel Belpaese per due anni e cercare un buon lavoro. E così Butungu si stabilisce a Cagli, inizia forse a spacciare droga e infine si dedica agli stupri. Col nostro "permesso".
Direte: non potevamo saperlo. Certo. Ma quello che dimostra il cortocircuito del sistema migratorio italiano è che quel "permesso di soggiorno per motivi umanitari" è un tipo di documento che solo l'Italia regala ai migranti. Tutti gli altri Paesi Ue o non lo prevedono, oppure lo usano col contagocce, mentre da noi il 20% di chi arriva da clandestino ottiene il pass grazie a questa scappatoia.
Per capire come funziona, facciamo un passo indietro. Quando la Commissione territoriale valuta una domanda di asilo può emettere tre sentenze: assegnare lo "status di rifugiato" (5% dei casi); concedere la "protezione sussidiaria" (14%); oppure rigettare l'istanza (80%). Come extrema ratio rimane però la possibilità di "regalare" due anni di permesso per "motivi umanitari". Le norme stabiliscono che può essere assegnato quando ci sono "gravi motivi di carattere umanitario a carico del richiedente". Cosa significa? Dipende dalla discrezionalità dei commissari. Per fare un esempio: un nigeriano otterrà lo status di rifugiato se viene da zone in cui opera Boko Haram; se invece abitava in un'area pacifica del Paese africano e non ha diritto all'asilo, la Commissione può decidere che sarebbe pericoloso rispedirlo a casa. E così fa ricorso alla protezione "umanitaria" per trattenerlo in Italia.
Diverse prefetture in via informale hanno più volte confermato al Giornale.it che l'Italia fa un uso massiccio di questa forma di protezione, mentre gli altri Paesi europei vi ricorrono solo "in forma residuale".
Quindi un migrante che qui ha ottenuto assistenza "umanitaria", oltre confine con ogni probabilità verrebbe dichiarato clandestino. Il risultato? Casi come quello di Butungu: regolare per un dono tutto italiano. Simbolo di un Paese che si dà la zappa sui piedi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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