Svolta nel caso di Maria Chindamo: tre arresti per concorso in omicidio

Salvatore Ascone è stato arrestato per concorso in omicidio dopo aver manomesso la telecamera di sicurezza che puntava sulla proprietà della Chindamo per coprire gli assassini. E spunta l'ipotesi del cadavere dato in pasto ai maiali

Svolta nel caso di Maria Chindamo: tre arresti per concorso in omicidio

Fu prelevata davanti al cancello della sua azienda agricola di Montalto di Limbadi il 6 maggio del 2016. Da allora Maria Chindamo, imprenditrice e commercialista calabrese di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria, è sparita nel nulla.

Ma oggi, a tre anni dalla scomparsa, la procura di Vibo Valentia, grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, è arrivata ad una svolta nelle indagini che ha permesso l’arresto di Salvatore Ascone per concorso in omicidio. Secondo la testimonianza di Emanuele Mancuso, esponente dell’omonimo clan locale a cui sarebbe vicino anche Ascone, l’uomo, che abita accanto alla proprietà della Chindamo, avrebbe manomesso la telecamera della sua villetta la sera prima del sequestro “per favorire gli autori materiali del delitto”.

L’apparecchio, infatti, puntava proprio sul cancello dell'azienda e avrebbe potuto riprendere dettagliatamente le fasi del rapimento, ma è stato danneggiato, secondo la procura, proprio per coprire gli assassini della donna. Indagati a piede libero anche il nipote di Ascone, minorenne all'epoca dei fatti, e il suo operaio, il romeno Gheorghe Laurentiu Nicolae, che avrebbe partecipato alla manomissione del dispositivo di sorveglianza “attraverso l’interruzione dell’alimentazione dell’hard disk interno”.

A confermare le ipotesi degli investigatori non ci sono soltanto i rilievi tecnici ma le stesse dichiarazioni di Ascone che, sentito dai pm, aveva asserito di essere il solo detentore delle chiavi di accesso alla sua abitazione. Non c’è più dubbio, quindi, sul fatto che Maria Chindamo sia stata uccisa brutalmente, forse proprio la mattina del sequestro.

Le tracce ematiche ritrovate sulla carrozzeria della sua Dacia testimoniano la colluttazione tra la donna e i suoi aguzzini. La sua auto fu ritrovata con il motore acceso e l’impianto stereo a tutto volume, forse per non far sentire le urla della vittima. Una scena che sarebbe potuta essere immortalata in ogni suo particolare dalla telecamera del vicino, prontamente messa fuori uso.

I motivi dell’omicidio non sono ancora chiari. Probabilmente, secondo quanto scrive il Corriere della Sera, all’origine dell’agguato potrebbe esserci stata una vendetta per la morte del marito, suicidatosi un anno prima, dopo la fine della relazione tra i due. Non a caso il sequestro è avvenuto proprio nel giorno dell’anniversario della morte dell’uomo. Una data che potrebbe essere stata scelta accuratamente secondo gli investigatori.

Resta ancora un mistero però che fine abbia fatto il corpo della donna che, nonostante l’intervento dei cani molecolari specializzati in una località di Montalto di Limbadi dopo una segnalazione alla procura, non è stato ancora ritrovato. In paese si mormora che il cadavere possa essere stato addirittura dato in pasto ai maiali.

Continuano a chiedere giustizia i tre figli e il fratello Vincenzo Chindamo, che lo scorso maggio, in

occasione dell’anniversario di tre anni dalla scomparsa, avevano partecipato al corteo promosso dall'Osservatorio regionale sulla violenza di genere e da Libera Calabria per chiedere che si faccia completa luce sulla vicenda.

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