Due giorni fa nel dibattito nell'aula di Montecitorio che ha visto Matteo Salvini criticare aspramente la decisione del gip di Agrigento che ha rimesso in libertà la «capitana» Carola, arrestata il giorno prima per avere rischiato di speronare con la Sea Watch una motovedetta della Guardia di finanza, hanno parlato in molti, ma nessun motiv - del primum vivere. Dobbiamo conquistarci un domani. Dobbiamo aggiornare identità e valori del partito e aprire una campagna d'ascolto nei territori». In fondo una posizione speculare a quella di Salvini di qualche anno fa, quando con la Lega che sfiorava il 4%, condusse una polemica dura contro Forza Italia impegnata nel Patto del Nazareno. La linea di Toti, invece, continua a essere poco chiara: il governatore ligure punta a un rapporto stretto con il leader leghista che, almeno per ora, non sembra intenzionato a ripercorrere la strada del centrodestra. «Se lo volesse avrebbe puntato alle elezioni in autunno - sostiene Roberto Occhiuto, vicepresidente deputati azzurri - visto che il centrodestra oggi sfiora il 50% nei sondaggi. Invece, continua a guardare ai grillini di governo, a Di Maio che sembra sempre più il suo alleato strutturale. Toti non si preoccupa di questo, guarda alle dinamiche degli apparati interni, al Palazzo».
Un atteggiamento che, naturalmente, lascia perplesso Berlusconi, a cui non dispiacerebbe se la sua creatura avesse un domani, come De Gaulle con il gollismo. Al Cav certe forzature di Toti non sono piaciute, a cominciare dal teorizzare una fuoriuscita di Forza Italia dal Ppe proprio mentre lui siede tra i banchi dei popolari nel Parlamento di Strasburgo. E poi per fare cosa, visto che anche un sovranista come Orbán non ha nessuna intenzione di lasciare il partito della Merkel? Appunto, a Berlusconi non piace l'atteggiamento iconoclasta di Toti, non fosse altro perché è lui l'icona di Forza Italia. «Io non voglio parlare male di Giovanni visto che non c'è - ha detto ieri ai coordinatori del partito - ma non capisco perché appena nominato abbia fatto un post contro di voi, addirittura immaginando di mettervi un tutor. Io, al suo posto, vi avrei invitato tutti a cena. Ecco perché non dovete andare alla sua kermesse del 6 luglio. Chi ci andasse commetterebbe un grave errore».
Un mezzo «veto» che ha creato il panico. Il coordinatore della Liguria, Biasotti, ha annunciato che ci sarebbe andato comunque. Marcello Fiori, invece, ha detto di no: «La parabola del figliol prodigo funziona nel Vangelo, non nella politica».
Per cui c'è da scommettere che, da qui a sabato, Forza Italia sarà percorsa da un fremito «morettiano»: molti si chiederanno se sia meglio farsi vedere da Toti o no; o, ancora, se è possibile farsi scorgere da Giovanni senza insospettire Silvio. Sempre che dopo gli addii, i ritorni, gli screzi, la «serie» non riservi altre sorprese: questa mattina a Palazzo Grazioli il Cav riceverà, insieme, la Carfagna e Toti.
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