Un tornado alza le polveri minerali: l'ex Ilva spaventa Taranto

Sui social la denuncia degli ambientalisti: "A nulla servono le coperture dei parchi minerali"

Un tornado alza le polveri minerali: l'ex Ilva spaventa Taranto

Intere nubi di polvere si spostano ad alta velocità dall'impianto di Arcelor Mittal verso Taranto, la città che sorge a un tiro di schioppo dall'acciaieria più grande d'Europa. Sono le immagini del video pubblicato sulla pagina Facebook "Giustizia per Taranto" e che hanno fatto il giro del web, dalle bacheche degli ambientalisti a quelle dei cittadini che hanno voluto dimostrare come la fabbrica dell'acciaio continui a minare la salute.

Una forte tromba d'aria, insieme a pioggia e grandine, si è abbattuta sul capoluogo pugliese, e a volare non c'erano solo le foglie, ma anche le polveri di ferro e carbone, le materie prime utilizzate nell'acciaieria. Come si vede dalle immagini le strade e le piazze del quartiere Tamburi (la zona più vicina alla fabbrica) sono state, infatti, ricoperte dai minerali che si sono alzati dall'area industriale. Il cielo sulla città è diventato rosso e a poco sono servite le due coperture, costruite sui due parchi minerali e fossili primari dello stabilimento siderurgico, proprio per evitare che le polveri sottili continuassero a volare sulla città.

Si tratta di due capannoni di settanta metri d'altezza, uno degli interventi più importanti che rientrano nell'autorizzazione integrata ambientale (l'Aia) che consente di proteggere l’ambiente evitando la dispersione nell’aria delle polveri principale nutrimento per gli altoforni che insieme alle ciminiere, ai nastri trasportatori e ai parchi minerali caratterizzano, infatti, il ciclo integrale della produzione di acciaio. Ma non ci sono solo i due parchi "primari", ce ne sono altri sei secondari, più piccoli e ancora scoperti. "Inoltre una gran parte dei nastri trasportatori sono ancora scoperti. E poi c'è tutta l'area del GRF e quella vastissima delle discariche. Nello stabilimento, oltre a una polverosità diffusa che viene bagnata ma non rimossa, ci sono cumuli qua e là, scoperti" sottolinea in un post su Facebook Alessandro Marescotti dell'associazione "Peacelink".

Parliamo di una fabbrica che ha un'estensione di 15.450 ettari, di questi settanta ettari sono di parchi minerali dove avviene lo stoccaggio e la movimentazione delle materie prime che insieme alle emissioni di fumi rappresentano le emergenze ambientali della città. Il nodo gordiano che vede ambiente e salute dei cittadini e dei dipendenti dello stabilimento da un lato e la questione occupazionale dall'altro non sembra comunque sciolto malgrado il passaggio della fabbrica ad Arcelor Mittal. Ancora oggi sono numerosi i casi di neoplasia polmonare.

Dal 2012 al 2016 furono scoperti 18mila nuovi casi di neoplasie certificati dall'Asl nel Registro tumori (i dati facevano riferimento al periodo 2009-2011) con prospettive poco incoraggianti. Uno studio epidemiologico commissionato dalla Regione Puglia nel 2016 ha confermato l'ipotesi di un eccesso di malattie tumorali nei bambini di Taranto del 30 per cento superiore alla media nazionale. Nella primavera del 2017, poi, grazie ad una raccolta fondi che vedeva come madrina Nadia Toffa, furono raccolti 337 mila euro che hanno portato alla realizzazione del reparto di Oncoematologia Pediatrica all'ospedale Santissima Annunziata di Taranto.

Nella città dell'acciaio ci sono poi le giornate di "wind days", quando il vento di tramontana soffia dall'ex Ilva verso la città trasportando polvere di minerale e agli studenti non è consentito andare a scuola. Non solo, ma è vietata anche l'attività sportiva all'aperto soprattutto per i bambini, gli anziani sopra i 65 anni, i cardiopatici, gli immunodepressi e gli asmatici in quanto considerati dalla Asl di Taranto (come si legge sul sito di "Peacelink") soggetti a rischio. È consigliato, inoltre, di non aprire le finestre di casa

608px;"> tra le ore 12 e le ore 18 quando l'inquinamento diminuisce (sempre che non vi siano folate di vento intense in quella fascia oraria).

Insomma, un quadro poco confortante che oggi, ancora, non trova risoluzione.

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