Si tende a pensare che la riduzione delle imposte sia uno slogan più che la ricetta per rendere tutti più ricchi. Sì, avete sentito bene: tutti più ricchi. È una di quelle frasi fatte, che escono dalla bocca dei politici come onestà, competenza, merito e bla bla. Tutte cose giuste, ma che appunto sembrano pronunciate a beneficio di un'audience e non fino in fondo credute.
Ieri questa Zuppa ha riunito un piccolo, ma significativo, parterre di italiani che vivono a Miami, in Florida, per il ciclo di eventi chiamato LaRipartenza, e che proprio l'anno scorso, in piena pandemia, esordì al Petruzzelli di Bari.
È incredibile come, quello che molti ritengono uno slogan, in realtà sia il meccanismo più importante che mette in moto la nostra economia. La Florida, che tutti guardano con un sorrisino, ha un Pil, una ricchezza prodotta in un anno, superiore ai mille miliardi di dollari, e in rapida crescita. Per dare una dimensione è superiore a quella prodotta dalla Russia. La sua disoccupazione è ai minimi storici e inferiore al cinque per cento: ciò vuol dire che essa praticamente non esiste. Chi non lavora, semplicemente non vuole lavorare o è in cerca di lavoro. Il segreto si chiama tasse ridotte all'osso. E, di conseguenza, spesa pubblica minima. Grazie a questa ricetta, molto semplice, è in pieno boom. Da Marco Segato, boss delle barche di lusso SanLorenzo in America, all'immobiliarista Valerio Morabito, da Gianluca Vacchi a Miki Grendene, tutti gli imprenditori italiani trasferiti a Miami, ci hanno raccontato la stessa storia: poca burocrazia, tasse ridotte e chi sbaglia paga.
La Florida in un anno ha accolto più di trecentomila immigrati. Ha trovato loro un posto di lavoro e, grazie a essi, il Pil ha fatto boom. La tassazione in America si compone di due «botte»: quella centrale di Washington e quella locale degli Stati Federali. Già le tasse nazionali sono più generose di quelle italiane: l'aliquota massima della tassazione sul reddito è del 37 per cento, contro il nostro 43%. E da noi si applica a partire da 75mila euro, da loro solo se si superano i cinquecentomila dollari l'anno. A queste imposte federali, che cioè si applicano a tutti gli americani, si devono però aggiungere anche le tasse statali. Ebbene, la Florida le ha azzerate. Ciò vuol dire che, a differenza dello Stato di New York o della California, chi vive in Florida non deve pagare un dollaro in più rispetto a quanto ti chiedono a livello centrale. E non sono spiccioli: lo Stato di New York arriva a chiederti addizionali che possono arrivare al 10 per cento.
Insomma, come ha detto alla Ripartenza di Miami il fiscalista Marco Cerrato: «Ciò che succede in America è simile a ciò che avviene con la concorrenza fiscale in Europa. E cioè all'interno degli Stati Uniti ci sono Stati che, grazie alle loro imposte basse o nulle, attirano imprese e individui da Stati considerati fiscalmente pesanti».
E la cosa, come abbiamo visto, funziona alla grande. Ha innescato un meccanismo virtuoso: meno imposte, più contribuenti, più ricchezza e meno disoccupazione.
Il governatore Ron De Santis ha poi pensato che alla libertà economica si dovesse unire anche la libertà politica: il suo comportamento nella gestione della pandemia è stato prudente, ma senza molte restrizioni.È la responsabilità personale che ci salva, non le regole imposte da un Dpcm.
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