
È certamente russo il drone che nei giorni scorsi ha sorvolato per sei volte (due in un giorno solo) il Joint research centre di Ispra, sul lago Maggiore. Nessuno lo ha visto, ma i captatori del centro di ricerca della Commissione Ue, che rilevano le onde radio, hanno registrato frequenze associabili a un dispositivo di fabbricazione russa. La Procura di Milano ha aperto un fascicolo per spionaggio politico o militare, aggravato dalla finalità di terrorismo per azioni che «possono arrecare grave danno a un Paese o a un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione».
La Procura chiederà all'Enav e all'Aeronautica militare i tracciati della zona a caccia di riscontri sulla presenza del drone sospetto. Per ora, infatti, stando a quanto chiarito dopo la riunione di ieri tra pm e Ros, tutto ciò che è agli atti è la denuncia della sicurezza del Jrc. Al momento, dunque, ci sono solo le tracce delle frequenze rilevate dal sistema del centro e si cerca la conferma del sorvolo del drone nella no-fly zone. Il captatore della sicurezza del Jrc è stato sequestrato e sarà analizzato. Alcune persone, come i responsabili della sicurezza, sono state sentiti. La prima segnalazione agli inquirenti è del 28 marzo. I sorvoli si sarebbero concentrati nell'arco di 5-6 giorni. Il fascicolo, coordinato dal pm Alessandro Gobbis e dall'aggiunto del pool antiterrorismo Eugenio Fusco, nell'ufficio guidato da Marcello Viola, è a carico di ignoti. Il reato di «spionaggio politico o militare» punisce «chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete». Pena prevista non inferiore ai 15 anni e arriva fino all'ergastolo «se il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano» o «se il fatto ha compromesso la preparazione o l'efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari». Dai primi accertamenti emergerebbe che il drone-spia fosse pilotato da una distanza non eccessiva rispetto all'obiettivo. Gli inquirenti si stanno però chiedendo perché, se davvero si tratta di un velivolo russo in attività di spionaggio, abbia lasciato dietro di sé proprio un «segnale» russo. Dunque, è una delle ipotesi sul tavolo, lo scopo potrebbe essere proprio di farsi vedere per dimostrare di poter violare con facilità lo spazio aereo proibito. Un'altra pista è quella di italiani filo-russi che possano essersi messi a disposizione per effettuare l'operazione di spionaggio.
Intanto però la Commissione Ue fa sapere: «Non abbiamo osservato alcuna violazione da parte di droni della no-fly zone sopra il sito della Commissione di Ispra, né siamo a conoscenza di alcuna specifica minaccia alla sicurezza correlata». Lo afferma il portavoce dell'esecutivo Thomas Regnier. L'esecutivo Ue, continua, «si impegna a proteggere le proprie informazioni, il proprio personale e le proprie reti di fronte a qualsiasi possibile minaccia alla sicurezza. Come prassi generale, la Commissione non comunica ulteriormente su questioni di sicurezza operativa». Mentre il Copasir avrebbe chiesto un approfondimento sul caso. E Crosetto ieri ha parlato di «guerra ibrida». Così il ministro della Difesa: «Non a caso, quando parlo, fino allo sfinimento, della necessità di difendere il nostro Paese, le comunità cui apparteniamo e le alleanze di cui facciamo parte, dico anche che non mi convince il termine riarmo e lo slogan Rearm Europe.
E lo dico proprio perché la nostra difesa e la nostra sicurezza, nazionale e collettiva, vanno garantite su più piani, compresi quelli della guerra ibrida e non solo quelli tradizionali». Infine: «È in corso una guerra ibrida. Pericolosa quanto sotterranea, costante e asfissiante quanto quotidiana».
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