
Si fanno sempre meno figli e sempre più tardi, con un tasso di fecondità precipitato al minimo storico. Il trend non è nuovo se si parla dell'Italia dove l'emergenza nascite è viva da tempo, ma sta di fatto che negli ultimi anni il problema si è acuito. Almeno questo si coglie dai dati diffusi da Istat nel rapporto «Indicatori demografici», che segnalano che il tasso di fecondità - vale a dire il numero di figli per donna - nel 2024 è sceso a 1,18, vale a dire inferiore a quello dell'anno scorso (1,20) e perfino più basso del precedente minimo storico che risaliva al 1995 di 1,19 figli per donna. L'anno scorso, almeno secondo i dati provvisori, i nati residenti in Italia sono stati solo 370mila, a conti fatti 10mila in meno rispetto al 2023 (-2,6%). Il primato della fecondità continua a registrarsi in Trentino Alto Adige con 1,39 figli per donna (in calo rispetto a 1,43 dell'anno prima), la Sardegna invece rimane la peggiore in graduatoria con 0,91 figli per donna.
Si capisce bene, quindi, il motivo per cui il governo guidato da Giorgia Meloni ha deciso di investire molto sugli incentivi alla natalità, con effetti che tuttavia dovranno essere misurati sul lungo periodo. La situazione attuale è figlia di una noncuranza che è durata a lungo. E se il problema un tempo era mascherato da un bacino di potenziali genitori che nel 1995 era molto più ampio: allora, il tasso di fecondità era simile a quello odierno, ma erano nati la bellezza di 526mila bambini, vale a dire 156mila in più rispetto al dato dell'anno scorso. Oggi, quindi, la propensione a fare figli non è significativamente inferiore rispetto a 30 anni fa, ma a mutare è che la popolazione femminile nelle età considerate riproduttive (15-49 anni) è passata da 14,3 milioni di unità al 1° gennaio 1995 a 11,4 milioni al 1° gennaio 2025. Gli uomini nella stessa fascia di età, pari a 14,5 milioni trenta anni fa, sono oggi circa 11,9 milioni. Va da sé che più questo numero cala, più le nascite si ridurranno in proporzione. Un male per l'equilibrio del sistema pensionistico che dipende anche da quante persone, in prospettiva, si troveranno in età da lavoro nei prossimi decenni rispetto a quelle a riposo. C'è, poi, un altro fenomeno consolidato a peggiorare il numero totale di figli dati alla luce: nel 2024, infatti, continua a crescere l'età media al parto, che si attesta a 32,6 anni (+0,1 in decimi di anno sul 2023). Cercare di diventare genitori in età avanzata, nonostante le tecnologia possa dare una mano in questi frangenti, riduce la probabilità di una gravidanza. L'aumento dell'età media al parto peraltro si registra in tutto il territorio nazionale, con il Nord e il Centro che continuano a registrare il valore più elevato: rispettivamente 32,7 e 33,0 anni, contro 32,3 anni al Sud.
Come risultato di questo quadro, il tasso di natalità continua ad abbassarsi e ormai si attesta al 6,3 per mille (dal 6,4 del 2023).
Peraltro anche la manforte dei cittadini stranieri perde vigore. Questo bacino, che pur contribuisce con il 13,5% delle nascite totali con quasi 50mila bambini, ha visto scendere la sua capienza di 1.500 fiocchi rispetto all'anno precedente.
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