Come ci siamo occupati sul Giornale.it, l'Italia ha iniziato la somministrazione della terza dose di vaccino anti-Covid ai più fragili ed immunodepressi. Appena sarà completata questa categoria composta da tre milioni di persone, l'invito a rinnovare la risposta anticorpale potrebbe riguardare tutti noi, e il perché è presto detto.
"Efficacia a livelli iniziali, potrebbe durare anni"
"Le due dosi di vaccino conferiscono protezione e rispondono anche alla variante Delta. Però si è visto che, come la maggior parte dei cicli ravvicinati, inducono una risposta immunitaria di breve durata e che quindi la protezione dopo 6-8-mesi si riduce dal 90 al 60% circa. Con un terzo richiamo, almeno dopo 6 mesi, non solo l’efficacia viene riportata ai livelli iniziali ma speriamo, in analogia con tanti altri vaccini, che sia duratura per anni": sono le parole di Sergio Abrignani, immunologo della Università Statale di Milano e componente del Comitato tecnico scientifico, rilasciate al Corriere della Sera. L'esperto spiega che, nella storia dei vaccini, i richiami con una terza dose a distanza di diversi mesi nel tempo rappresentano la normalità. In piena pandemia, però, era necessario dapprima mettere in sicurezza tutta la popolazione e poi pensare a fare eventuali richiami, in pratica quello che sta accadendo oggi con l'emergenza Covid-19 assolutamente diversa rispetto ad alcuni mesi fa.
"Terza dose da mettere in conto"
La scelta di Israele e Gran Bretagna, le prime nazioni ad iniziare la terza somministrazione in base all'evidenza degli ultimi studi, ha dato una spinta all'Italia che vuole mettere in sicurezza, prima dell'arrivo della stagione fredda, intanto le persone più a rischio. "Non è un cambio di strategia. Era da mettere in conto che sarebbe stato necessario rinforzare la memoria immunologica prodotta da due sole dosi ravvicinate di vaccino", sostiene l'immunologo. La scelta di non decidere, da subito, che a due dosi ne sarebbe seguita un'altra era dettata dall'emergenza. "C’era bisogno di avere i vaccini il prima possibile e aspettare altri 6-8 mesi per concludere una sperimentazione con triplice dose avrebbe significato rassegnarsi a vedere morire tante altre persone", sottolinea.
"Quarta dose? Si vedrà..."
Il virus muta, le varianti si sono succedute nel tempo (adesso è la Delta a dominare) ma gli esperti frenano su quello che potrà accadere in futuro. "Con questo virus nulla è certo": bisognerà capire se e quando coloro che riceveranno la terza dose si re-infetteranno per mettere a punto una strategia. L'esperienza con altri vaccini come quelli per Epatite B, Meningococco B, Poliomielite, Hemofilus, Tetano, Difterite, Pneumococco, Pertosse) "ci fa ben sperare che ulteriori richiami, se necessari, ci interesseranno dopo 5-10 anni". Indipendentemente dalle mutazioni, era già stato messo in preventivo che la risposta immunitaria sarebbe diminuita dopo le due dosi ravvicinate perché spesso inducono "una risposta chiamata 'effettrice' - afferma Abrignani - in genere della durata di qualche mese, anche se speravamo non fosse così. No, non ci siamo sorpresi".
Nessun problema con la vaccinazione eterologa
Dopo tutte le vicende accadute con la somministrazione di AstraZeneca, le uniche tipologie di vaccino che continueranno a far parte della campagna vaccinale saranno i vaccini ad Rna di Pfizer e Moderna: chi avrà ricevuto le dosi del siero anglo-svedese, quindi, farà la vaccinazione eterologa che "non dà effetti collaterali superiori a quella omologa", sottolinea e rassicura, dati alla mano, l'esperto. In ogni caso, noi avremo il vantaggio di osservare quando accade in Israele.
Al momento, comunque, le agenzie regolatorie hanno autorizzato la terza dose soltanto per i più fragili e gli operatori sanitari. L’Organizzazione mondiale della Sanità, poi non è favorevole alla terza dose a tutti perché ritiene sia più giusto, data la carenza di fiale, che si vaccinino al completo i più fragili nei Paesi in via di sviluppo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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