"Te ne sei andato a 55 anni. Mentre io sono ancora vivo quando ne ho 82. Ti confesso che in questi giorni più di una volta mi sono domandato: perché il Padreterno non ha preso me, invece di te, anche se avrebbe arrecato un grande dolore alla persona che amo di più al mondo, la mia cara Adele? Lo so, è una domanda senza senso: il perché lo conosce soltanto lui. Ma l' ho pensato e credo che ci metterò del tempo prima di non chiedermelo più".
Una lunga lettera commovente. Giampaolo Pansa vuole ricordare così il figlio Alessandro, 55 anni, vicepresidente della Feltrinelli e ex ad di Finmeccanica, morto lo scorso 11 novembre colpito da un infarto improvviso da cui non si è più ripreso.
"Caro Alessandro, la tua scomparsa improvvisa mi ha costretto a prendere atto di alcune verità. La prima è che nella vita di tutti giorni accade ciò che di solito avviene quando c’ è una guerra: a morire sono sempre i giovani, mentre gli anziani la scampano. Insomma, la guerra rovescia lo stato naturale delle cose. Ma può accadere così anche se il mondo si trova in pace", ha scritto il giornalista nella lettera pubblicata dal quotidiano La Verità.
Gli amici
Il padre giornalista ripercorre le tappe della vita del figlio, a partire dagli amici. "In questi giorni mi sono reso conto con gioia che avevi una vita intensa di affetti e di amicizie forti. Non la conoscevo anche se eri il mio unico figlio. Accanto a te c'era un gruppo di amici, molto compatto e solidale".
La famiglia
Pansa padre e nonno parla dei figli di Alessandro, Giacomo e Angelica: "Quel che conta è la fortuna di avere avuto un padre sempre molto sollecito, anche se immerso in un mare di impegni. Da adolescenti non esitavano a criticarti e io lo consideravo una prova che insieme a tua moglie Costanza eravate stati capaci di crescerli da ragazzi liberi, senza soggezioni".
Il lavoro
Ricordi di vita privata e pubblica messi neri su bianco con amore e semplicità. "E adesso mi inoltro su un terreno minato. Dove incontro un lato importante del tuo carattere. Eri un uomo consapevole delle proprie capacità e dunque molto tenace nell' affrontare le sconfitte momentanee. La più dura emerse nel 2014 quando il governo di Matteo Renzi, insediato da qualche settimana, mandò via i capi di tutte le aziende partecipate dallo Stato. In quel momento eri l' amministratore delegato della grande Finmeccanica. Conoscevi tutto di quel gruppo poiché ci lavoravi da 12 anni, salendo gradino dopo gradino. E, insieme a un gruppo ristretto di giovani dirigenti, ne avevi retto il timone con mani salde. Con me non parlavi mai della tua caduta, ma avvertivo l' amarezza mista a rabbia".
Il rapporto padre-figlio
"Come avrei potuto proteggerti, figlio? Nel mondo della politica non avevo amici importanti. Inoltre sono stato da sempre un padre ingombrante anche perché mi ostinavo a scrivere articoli e libri scomodi, pur avendo già superato l'età della pensione. Ingombrante e spesso assente. Ecco un'altra scoperta: non ho mai conosciuto il tuo giudizio sul mio lavoro. Soltanto negli ultimi anni, da quando ero passato prima a Libero e poi alla Verità, tu compravi il giornale la mattina della domenica e nel pomeriggio mi telefonavi per dirmi che cosa pensassi del Bestiario".
Il saluto
Infine il saluto al figlio. "Con la tua partenza, quel mondo è finito del tutto. Da una settimana cerco di non pensare che tu, caro Alessandro, te ne sei andato chissà dove. E ti confesso che ho il terrore di sognarti. Però, mio bel fieu, mio bel ragazzo, ti accoglierò sempre a braccia aperte. O con un cazzotto sulla spalla. Come facevo quando venivi a trovarci.
Mi piacerà ascoltare di nuovo la tua voce che mi dice: 'Fai bene a scrivere contro questi nuovi politici che stanno portando il nostro Paese al disastro'. Ritroveremo così quell' intesa che a volte ci è mancata. Ti voglio bene. Giampaolo, il tuo papà".
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