Tra cinque mesi andrà in pensione per godersi il meritato riposo dopo una lunga carriera in magistratura. Ma Luigi D’Alessio, procuratore di Locri, è finito nell’occhio del ciclone per aver giudicato l'ex primo cittadino Mimmo Lucano; una tempesta mediatica che non lo ha travolto, ma che sicuramente l’ha turbato. Probabilmente immaginava di lasciare in suo lavoro in maniera più serena, ma è ovvio che conosceva i rischi di un processo come quello a carico del tre volte sindaco di Riace. “Sono amareggiato – ha dichiarato al quotidiano La Stampa – ma sereno con la coscienza". La toga rossa, un passato in Magistratura Democratica, è attaccato dal fuoco amico per una sentenza che ha diviso gli italiani, ma non se ne preoccupa. Eppure, D’Alessio si meraviglia del tanto clamore per un processo “basato su carte e fatture false difficilmente controvertibili, non su testimoni più o meno credibili”. Per il giudice valgono i fatti e questi sembrano parlare chiaro.
Per il procuratore è assolutamente falso affermare che a Locri sia stata processata l’accoglienza. Sono stati valutati atti illegali, compiuti in dispregio della legge. Per D’Alessio, l'ex sindaco Lucano avrebbe favorito clientele, accumulato e ricchezze e, soprattutto, organizzato una macchina elettorale a suo vantaggio perfetta. Per il magistrato sono questi i fatti, confermati da prove concrete che inchioderebbero il primo cittadino. La politica c’entra poco, si tratta di comportamenti delinquenziali. Lucano per D’Alessio “è un bandito idealista da western”. Dietro la facciata dei nobili ideali si sarebbero nascoste, secondo il pm, le truffe e le illegalità.
Nonostante l'ex sindaco di Riace fosse incensurato non gli sono state riconosciute le attenuanti. La sua riluttanza a farsi interrogare dalla procura ha giocato un ruolo importante nella sentenza. Tredici anni di reclusione sono tanti e hanno fatto storcere il naso a molti. Per i sostenitori di Lucano neppure per i reati più efferati si subiscono condanne così pesanti.
Su questo punto D’Alessio si è esposto: “Mi auguro che in appello la pena sia ridotta”, ha detto. La procura aveva chiesto otto anni, mentre il tribunale è stato più severo sommando i reati associativi a quelli commessi per creare vantaggi a se stesso e alla sua compagna, che è stata anche lei condannata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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