“Allora funziona così, tu mi porti i soldi e io contatto uno in Egitto”. È l’Hawala. Un sistema di trasferimento di denaro diffuso nel mondo arabo sin dal Medioevo, che si basa sull’onore e su una vasta rete di mediatori sparsi in diversi Paesi del Medio Oriente e del Maghreb.
È con questo meccanismo che oggi vengono trasferiti milioni di euro dall’Italia all’estero senza lasciare nessuna traccia. Ad occuparsene, nel nostro Paese, come ha documentato un servizio de Le Iene, sono principalmente cittadini egiziani residenti a Milano e titolari di attività commerciali insospettabili: ristoranti, agenzie di viaggio, macellerie. Ai loro connazionali basta arrivare in negozio con i soldi in contanti per mettere in moto il sistema. Una volta preso il denaro l’intermediario in Italia contatta il suo uomo di fiducia in Egitto che consegna in tempo reale la stessa somma al destinatario indicato dal cliente.
Il guadagno per chi gestisce il traffico sta nella commissione, che varia e può arrivare fino all’8,5% del totale, mentre per chi invia il denaro il vantaggio è quello di poter trasferire anche grosse cifre nel totale anonimato. Una macchina perfetta per maneggiare soldi sporchi o destinati ad organizzazioni criminali. Per effettuare la transazione, infatti, non servono documenti. L’accordo si perfeziona con una stretta di mano, anche quando le cifre si aggirano intorno al milione di euro. È questo l’importo sequestrato un anno fa dalla Guardia di Finanza ad alcuni cittadini egiziani, siriani e marocchini, che risiedevano regolarmente in Italia.
I soldi dovevano arrivare in Egitto e, particolare ancora più inquietante, una parte del denaro, secondo un’inchiesta della Direzione nazionale antimafia, sarebbe servita a finanziare gruppi islamici radicali tramite un cittadino libico, Salem Bashir Mazan Rajah. Gli inquirenti, secondo quanto rivela il quotidiano La Verità, sono sulle sue tracce dal 2015, quando è stato denunciato a piede libero per riciclaggio dopo essere stato bloccato a Linate con 296mila euro in contanti all’interno di una valigetta. È bastata una piccola indagine per scoprire come dal 2013 al 2015 avesse movimentato tra Germania, Francia e Olanda, circa “50 milioni di euro”. L’uomo, un musulmano radicalizzato, è tuttora latitante.
Ma il business non si esaurisce all’interno dei confini lombardi. Sarebbero legati all’Hawala, infatti, anche una serie di omicidi e regolamenti di conti avvenuti all’interno di diverse frutterie romane, sempre gestite da egiziani. Il primo nel 2013. Ad essere trovato senza vita fu Mohamed Ebraim Leshei, proprietario di tre attività commerciali. Una morte che gli investigatori collegano proprio ad uno sgarro nel meccanismo di trasferimento dei soldi. Storia simile quella di Hashem El Sayed Gaafar, ucciso nel 2015 dopo essere stato picchiato a sangue. Il suo corpo è stato ritrovato fuori dalla sua frutteria, assieme a 5mila euro in contanti.
Intimidazioni, accoltellamenti
e spedizioni punitive non sono rari nella Capitale e sul territorio della provincia. E spesso sono legati anche all’usura: sono diversi i negozi di connazionali insolventi ad essere stati presi di mira negli ultimi anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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