La domanda dovrebbe essere: come è possibile che un libico fermato due anni fa all'aeroporto di Linate con quasi trecentomila euro in contanti, del tutto incapace di spiegare provenienza e utilizzo del malloppo, con il telefono pieno di foto di armi da guerra e di filmati e slogan jihadisti, sia stato lasciato andare come se niente fosse? Oggi Salem Bashir Mazan Rajah è in giro per il mondo, a tessere la sua tela di affari e di morte. In cella, nella retata che scatta ieri mattina tra l'Italia e l'Ungheria, finiscono i tredici uomini che facevano parte della sua rete di riciclatori, gente in grado di spostare con un codice milioni di euro tra l'Europa e il Maghreb. Ma Selem chissà dov'è.
Hawala, così si chiama da sempre il sistema di banca parallela che nel mondo islamico muove i soldi da un paese all'altro, da un clan all'altro, quasi sempre sotto il controllo delle autorità religiose. La rete che viene smantellata ieri dalla Procura di Milano in seguito alle indagini del Gico della Guardia di finanza porta alla luce una struttura di Hawala particolarmente ricca, in grado di spostare negli ultimi tempi quattro milioni di euro, compensando crediti e debiti per affari illegali: dal commercio d'armi al traffico di esseri umani, ovvero la tratta di migranti. Entrambi questi business si sospetta da tempo che siano nelle grinfie del fanatismo islamico. E questo spiega perché il punto terminale fosse Salem, il libico svanito nel nulla.
É lavorando sulle sue tracce, dopo il suo rilascio, che la figura del trafficante è emersa in tutta la sua autorevolezza. Nell'ordine di custodia il giudice lo definisce «sicuramente contiguo ad ambienti dell'integralismo islamico» e ipotizza esplicitamente che «potrebbe rivestire un ruolo di trasportatore di denaro per conto di gruppi terroristici riconducibili alla jihad».
A questa convinzione gli inquirenti arrivano analizzando il traffico telefonico e gli spostamenti di Rajah. Salta fuori una serie di contatti con un personaggio ben noto alle cronache antiterrorismo in Belgio, un estremista islamico inquisito per riciclaggio e associazione terroristica; altri contatti Rajah li tiene con un personaggio analogo a Rotterdam. Cosa fa, Salem, quando sbarca a Milano e gli viene sequestrata la valigia con il malloppo? La perdita del denaro e la denuncia a piede libero per riciclaggio non lo turbano più di tanto, resta nel capoluogo lombardo per una settimana, cambiando quattro alberghi e gravitando nella zona di viale Padova, da sempre punto di riferimento della comunità islamica più arrabbiata. Il 29 maggio, viene avvistato per l'ultima volta. Poi di lui si perdono le tracce.
Peccato, perché oggi si scopre che si tratta di un personaggio che svolge un ruolo di primo piano in quella zona grigia dove affari sporchi e fanatismo religioso viaggiano paralleli. La contabilità delle sue operazioni identificate in questi anni è i impressionante: oltre cento milioni spostati tra Germania, Francia, Olanda e Italia.
Per il giudice le risultanze delle indagini «alimentano l'ipotesi che l'indagato abbracci il wahabismo islamico e che quindi sia di estrazione fondamentalista»; d'altronde «il riciclaggio del denaro nelle modalità dell'hawala si concilia con il fenomeno del finanziamento al terrorismo internazionale» e «nella maggior parte dei casi le organizzazioni raccolgono fondi per compiere attentati in paesi diversi da quelli scelti poi come obiettivi».
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