Trasporti, arte e commercio: la triade liberale

Il peggio forse è passato. Il virus ha devastato vite, seminando per il mondo un'onda di morte e paure. Adesso siamo qui, malconci, disorientati, con il timore che tutto ricominci, a fare i conti dei danni

Trasporti, arte e commercio: la triade liberale

Il peggio forse è passato. Il virus ha devastato vite, seminando per il mondo un'onda di morte e paure. Adesso siamo qui, malconci, disorientati, con il timore che tutto ricominci, a fare i conti dei danni. Nei bollettini economici ci sono tracce di speranza: gli ordini di beni e servizi stanno tornando lentamente ai livelli di gennaio e febbraio. Ci sono segnali di ripresa e perfino un certo ottimismo. L'obiettivo resta sempre lo stesso: sopravvivere.

Le statistiche aiutano a capire come stiamo messi. Eurostat ha diffuso i dati sui settori più colpiti in Europa nei mesi della quarantena: il commercio, soprattutto quello al dettaglio, i trasporti, ristoranti, alberghi, turismo, le manifestazioni artistiche.

Non è una sorpresa. Il contagio ci ha strappato la quotidianità. Ci ha chiusi in casa e svuotato le abitudini. La crisi che stiamo affrontando ha un sapore diverso da quella di dieci e passa anni fa. Non parte dalle banche, dai mutui spazzatura, dai riflessi finanziari e da bolle speculative. Tutta roba che pioveva dall'alto e seminava sventura, come una vendetta degli dèi del denaro. Questa è una crisi ad altezza d'uomo e ti arriva dritta, in orizzontale, e i fallimenti li vedi in diretta. Cammini e dici: ma qui non c'era un negozio? Quel ristorante è chiuso e non apre più. Il Bed&Breakfasts dove andavi in vacanza non ce l'ha fatta. Niente spettacoli dal vivo.

Poi pensi che commercio, viaggi, turismo e ristoranti non sono soltanto lavoro e affari. Sono i segni quotidiani di una civiltà. È lì che passa il «canone italiano». È la base di uno stile di vita, quello che poi diventa internazionale con il marchio «made in Italy». L'eccellenza italiana non nasce dal nulla, ma sublima una costellazione di piccole identità. Cosa resterà di tutto questo dopo la tempesta?

Quando chiude una bottega di famiglia scompare anche un pezzo di storia. È gente che ha cercato di tirare avanti in questi anni difficili, con fatica e orgoglio, in tanti ora si sono arresi e passeranno dalla parte degli «assistiti». È qui che l'Italia si sta giocando il futuro.

Ora la buona notizia è che il commercio al dettaglio sta tornando ai livelli di febbraio. In Irlanda è cresciuto del 21,9%, in Spagna del 16,5% e in Italia 13,8%. Sono dati migliori rispetto alle attese. Questo mostra una capacità di resistenza. Quello che manca è un progetto per dare forza al «canone italiano».

Il governo, la politica in genere, proprio su questo aspetto mancano di una visione. Non c'è un piano strategico. Peggio: non si riconosce neppure l'esistenza di questo canone italiano. Non ha un valore, non ha un senso e neppure una storia. Sono solo numeri da spostare da una parte all'altra.

I ristoranti chiudono? Bisogna avere il coraggio di inventarsi un nuovo lavoro. Se non ne sono capaci c'è sempre la speranza di elemosinare un reddito di cittadinanza.

Non è la stessa cosa. È un concetto che in molti faticano a capire. Non sanno cosa significa per un commerciante stamparsi addosso la parola fallimento. È il senso di una vita che se ne va a ramengo. È cancellare quello che sei.

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