Si avvia alla conclusione il processo sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia, con politici, uomini dello Stato e boss mafiosi alla sbarra. La Procura di Palermo ha chiesto 15 anni per il generale Mario Mori e dodici anni per gli altri due ex ufficiali del Ros, il generale Antonio Subranni e Giuseppe De Donno. Per il boss mafioso Leoluca Bagarella i pm hanno chiesto la condanna a 16 anni, per il boss Antonino Cinà 12 anni: entrambi sono accusati di violenza e minaccia a corpo politico dello Stato. Per il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, la Procura ha chiesto il non doversi procedere per estinzione del reato per intervenuta prescrizione. E ancora: per l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino chiesti sei anni per falsa testimonianza. Per Massimo Ciancimino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, la Procura sollecita alla corte d'assise la condanna a 5 anni di carcere per l'accusa di calunnia e il non doversi procedere per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, perché prescritto. Dodici anni di carcere chiesti per l'ex senatore Marcello Dell'Utri, anche lui accusato di minaccia a corpo politico dello Stato. Dichiarazione del non doversi procedere "per la morte del reo" è stata chiesta alla fine della requisitoria per il capomafia Totò Riina, morto lo scorso 17 novembre.
"Puzzle sporco di sangue"
È toccato al pm Vittorio Teresi, magistrato anziano e aggiunto fino a pochi mesi, formulare la richiesta di pena: "Come in puzzle abbiamo messo le tessere e le abbiamo messe assieme", ha detto rivolgendosi al presidente della Corte di assise, Alfredo Montalto. "Come in puzzle la singola tessera diventa importante e fondamentale solo se si incastra perfettamente nel quadro generale. Siamo convinti che le singole tessere, a partire dagli anni Settanta e fino a metà anni ’90, siano tutte tessere che designano un unico, univoco, quadro d’insieme che ha a che fare con l’atto di accusa che vi abbiamo proposto. Un quadro di insieme a tinte fosche, con qualche tessera sporca di sangue, il sangue di quelle vittime delle stragi". Poi Teresi ha proseguitoricordando la strage di Capaci: "Consumata per vendetta e per fermare la grande evoluzione normativa impressa da Giovanni Falcone.
Quella fu l’ultima strage della prima Repubblica. I fatti poi si sono evoluti ma Paolo Borsellino era visto come un ostacolo al cambiamento che si voleva e si pensava nel momento in cui si avvia la trattativa. Via D’Amelio è la prima strage della seconda Repubblica".
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