Se il Senato, a suo tempo, ha bocciato la proposta di “ristabilire i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell’attività dell’amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere”, a colmare la lacuna politically correct per eccellenza è stata la Treccani. Il simbolo della cultura italiana cede alla "moda" e lancia il nuovo dizionario inclusivo. Sarà felice la Boldrini che, dopo aver appreso che in Senato nessuno avrebbe dovuto per forza chiamarla “senatrice” o “presidentessa”, aveva denunciato il fatto come gravissimo e lo aveva definito come un “colpo basso inferto dalle donne della Meloni”.
Ed è così che la Treccani, con la nuova edizione dello storico dizionario, mira a contrastaste la discriminazione di genere che avrebbe – come ormai ripetono a memoria i paladini delle cause inutili – come veicolo il linguaggio. “Soldata”, “notaia” e addirittura “medica”: sono solo alcuni degli esempi che troveremo nel nuovo dizionario contro la disparità di genere.
“La maggior parte degli esempi sono tratti dall’uso reale della lingua e contemporaneamente sono rati ridotti quelli da italiano in provetta, fondati su frasi artefatti che nessuno ha mai pronunciato o pronuncerà, ma che spesso rimangono depositate nei dizionari per inerzia”, spiegano dalla Treccani. In sintesi: ripuliamo la nostra lingua, base di cultura, storia e tradizione, e adattiamola alle mode di una generazione che abbraccia battaglie solo per il gusto di essere protagonista.
Dalla professionalità alla cronaca, questo il salto altissimo dell’istituzione Treccani che dichiara infatti: “Per tutti i nuovi esempi ci si è basati su materiali autentici tratti dalla rete, dai giornali, dalla trattatistica, dai blog, fa documenti, commenti nelle reti sociali”. E tra un casalingo e un avvocata, esempi di “una società che è cambiata e l’impostazione maschile in uso da secoli ha fatto il suo tempo” – come affermano i curatori – c’è un’altra sostanziale novità. Essa riguarda l’ordine della forma degli aggettivi e di molti nomi che non vedrà automaticamente prima la forma al maschile, anzi al contrario. In pratica non dovremo più cercare “gatto” ma “gatta”.
Modernizzazione reale o fuffa indispensabile per apparire progressisti? Per la paladina dem Boldrini, che ha fatto del linguaggio inclusivo la propria crociata, sicuramente si tratta di una grande vittoria di civiltà, quella civiltà che per gli appassionati – e spassionati, soprattutto – del mondo dell’inclusività, deve passare sempre e comunque dall’apparenza, rimanendo però staccati da fatti, numeri e vita reale. D’altronde era sempre lei quella del “Non è normale” - libro scritto per l’occasione – in cui inchiodava addirittura tutti i detti popolari italiani: da “donne e buoi dei paesi tuoi” a “donne e motori, gioie e dolori” in quanto “alcuni proverbi e modi di dire dovrebbero imbarazzare”. E se sui modi di dire nemmeno la Treccani ha potuto - ancora - accontentare la Boldrini, ha però aperto le porte, e le pagine, all’inserimento di tutti quei nuovi termini nati negli ultimi anni di quest’Italia confusa.
Oltre all’eliminazione sistematica dei cosiddetti stereotipi di genere all’interno del nuovo dizionario troveremo anche i termini figli del Covid, della crisi economica che stiamo attraversando e del disagio sociale che si manifesta sempre più: da “Dad” a “Smartworking”, da “Termoscanner” a
“Lockdown” fino ad arrivare a “Terrapiattismo” e “Revenge porn”.E cosa importa se i termini appartengono a un’altra lingua? Vanno di moda! La cosa non ci stupisce troppo, purtroppo.
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