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Ammazza la moglie a coltellate "Assolto per delirio di gelosia"

L’assoluzione ha creato molte polemiche tra le associazioni, rimaste esterrefatte dalla sentenza

Ammazza la moglie a coltellate "Assolto per delirio di gelosia"

Antonio Gozzini, l’80enne che nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 2019 aveva ucciso la moglie, professoressa di letteratura italiana all'Itis prossima alla pensione, è stato assolto per difetto di imputabilità dovuto a vizio totale di mente. Questa la decisione della Corte d’assise verso l’imputato.

Uccise la moglie a coltellate

L’uomo, ex assistente tecnico scolastico, aveva accoltellato la consorte 62enne, Cristina Maioli e, dopo aver chiamato un’amica confessando il delitto appena commesso, aveva tentato il suicidio. La tragedia era avvenuta nell’appartamento sito in via Lombroso al civico 42, a Brescia. L’uomo era in cura da diverso tempo per una depressione. Le richieste della difesa sono state accolte in toto dai giudici e dal presidente Roberto Spanò, così come le conclusioni di Sergio Monchieri, il consulente dell'accusa, dalle quali la Procura aveva preso le distanze. Secondo Monchieri e lo psichiatra della difesa, Giacomo Filippini, Gozzini aveva ucciso la propria moglie in preda ad “allucinazioni e disturbo delirante di gelosia”, affetto da un disturbo delirante "tale da escludere totalmente la capacità di intendere e volere".

Di opinione totalmente opposta il pubblico ministero Claudia Passalacqua che ne aveva invece chiesto l’ergastolo per omicidio premeditato aggravato dalla parentela con la vittima e dalla crudeltà con cui era stato commesso l’omicidio. Secondo il pm l’80enne era lucido quando svegliò la moglie in piena notte e la massacrò a coltellate. Secondo l’accusa l’uomo aveva in testa un piano ben preciso per uccidere la sua seconda consorte ed evitare di essere ricoverato per cercare di guarire dalla depressione che da anni lo affliggeva.

L’uomo, prima tagliò la gola alla donna, poi le aprì il torace e infine l’inguine. Dopo aver tentato il suicidio tagliandosi le vene, telefonò a una vicina per confessare il terribile delitto che aveva commesso.

La tesi della difesa

Per il consulente dell’accusa e lo psichiatra, il suo folle gesto non fu colpa della depressione, ma “la marea montante di un delirio che lo aveva fatto finire in un tunnel di cui non aveva parlato con nessuno. Sulla base di una rielaborazione distorta di eventi banali di 20 anni prima, come un caffè con i colleghi, si era messo in testa che lei l'avesse sempre tradito. Con questa tesi, l’avvocato Jacopo Barzellotti ne aveva chiesto l’assoluzione, sostenendo che quello non era "il classico femminicidio, nato per volontà di prevaricazione. È l'azione di un uomo in preda a una psicosi di gelosia, alla pazzia”.

I giudici hanno quindi accolto le richieste della difesa e hanno disposto il trasferimento provvisorio di Gozzini in una Residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza. Il legale dell’imputato ha definito la decisione presa come l’unica possibile, sottolineando però che non potrà essere immediata perché il suo cliente, detenuto nel carcere di Opera, ha contratto il Covid. I fratelli della Maioli sono rimasti delusi dalla notizia della sentenza. Come riportato da La Nazione, la presidente della Rete D.i.Re Antonella Veltri, ha così commentato la sentenza: “Ci lascia esterrefatte.

Gelosia e depressione non possono essere condizioni legale per compiere impunemente un femminicidio”. La senatrice Pd Valeria Valente ha fatto sapere di voler approfondire la decisione presa dai giudici bresciani nella Commissione Femminicidio.

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