Gli altri passeggeri non sembavano preoccupati. Quegli scossoni continui - dicevano - erano del tutto normali. Poi, però, un boato improvviso, il buio, l'esplosione. Lo schianto violentissimo nelle acque dell'oceano. A 13 anni dalla tragedia del volo IY626 della Yemenia Airways, precipitato poco prima dell'atterraggio a Moroni (capitale delle Comore), Bahia Bakari è l'unica a poter raccontare e ricordare il dramma in prima persona. La giovane pariginia - oggi 25enne - è infatti la sola a essere sopravvissuta a quell'incidente in cui morirono 152 persone. Per lei, era il primo volo in assoluto. Il battesimo dell'aria finito nel lutto.
Unica passeggera supersistite, Bahia ha ripercorso la catastrofe avvenuta tra il 29 e il 30 giugno 2009 anche davanti ai giudici. Ieri la giovane, che incredibilmente non ha nemmeno riportato conseguenze permanenti da quello schianto, è comparsa in tribunale di Parigi come testimone nel processo per "omicidio volontario" contro la compagnia aerea yemenita. In aula ha ricordato tutto con lucidità: di quella tremenda notte non ha dimenticato nulla, o quasi. L'emozione della prima volta in aereo - per andare alle Cormore al matrimonio del nonno - contribuì a far sì che l'allora 12enne fissasse nella mente ogni istante, ogni dettaglio. Come quello legato al deterioramento di quell'aereo, che appariva vecchio ma "ma non cadeva a pezzi". Nonostante alcuni segnali poco rassicuranti - ha raccontato la testimone -"nessuno sembrava preoccuparsi quindi mi sono detta che doveva essere normale".
Tutto è cambiato, però, proprio durante l'atterraggio, quando Bahia avvertì "come una scarica elettrica". Uno choc improvviso prima dell'incubo. La bambina si ritrovò nelle acque dell'oceano, aggrappata a un pezzo di lamiera dell'A310. Attorno a lei il buio. E poi "voci che chiedevano aiuto, voci di donna". Dopo essersi addormentata, sempre aggrappata al relitto, la ragazzina si svegliò convinta di essere caduta dall'aereo a differenza degli altri passeggeri, già a destinazione. Ma non era così. Proprio in quegli attimi arrivarono i soccorsi.
La sopravvissuta trascorse 20 giorni in ospedale e dopo due anni dalla tragedia decise di riprende l'aereo. "Per andare sulla tomba di mia madre sepolta alle Comore. Per me era fondamentale tornare", ha raccontato Bahia in aula. "Non ho nessuna conseguenza fisica dell'incidente, ma è stato molto difficile per me accettare di essere l'unica sopravvissuta", ha affermato la donna in lacrime, davanti ai parenti delle vittime. In tribunale, invece, non c'erano i rappresentati della compagnia aerea yemenita. "Avrei solo voluto che fossero qui ad ascoltare me e i parenti delle vittime. Avrei voluto delle scuse, ma soprattutto delle spiegazioni. Avrei voluto sentire più rispetto. So che si parla sempre di me, della ragazzina sopravvissuta allo schianto di un aereo, e si dimentica che quella notte morirono 152 persone", ha aggiunto la donna.
Davanti ai giudici, la difesa ha parlato di "impedimenti causati dalla situazione di guerra civile nello Yemen".
Ma, secondo gli esperti, l'incidente fu causato unicamente da una serie di "incredibili errori" da parte dei piloti, i quali svolsero manovre "incoerenti", mostrando una manifesta incompetenza. Ora, per quella vicenda, si attendono giustizia e verità: le chiede la stessa Bahia Bakari, unica voce scampata alla sventura.
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