Le uova dei Draghi agitano la politica

Tutto ruota intorno alle uova dei draghi, come se davvero questa Italia sotto contagio fosse la scena di un trono di spade, con un titolo che quasi ricorda un vecchio romanzo di Buttafuoco.

Le uova dei Draghi agitano la politica

Tutto ruota intorno alle uova dei draghi, come se davvero questa Italia sotto contagio fosse la scena di un trono di spade, con un titolo che quasi ricorda un vecchio romanzo di Buttafuoco. Esistono? Si schiuderanno? Sono queste le domande che da tempo rimbalzano sul destino del governo Conte. Solo che adesso sono più frequenti, più vicine, meno sussurrate, come se ormai restasse solo da scegliere l'ora e il giorno della rivelazione. A Giuseppe, dicono, resta il tempo di una manovra economica. È l'ultimo atto, poi bisogna pensare alla «ricostruzione». Non si può lasciare la gestione dei fondi europei a un premier in affanno e agli spettacoli di arte varia di Rocco Casalino.

Le uova sono i sì di Mario Draghi. Sì, mi prendo questa grana. Sì, provo a salvare la patria. Sì, va bene una maggioranza dai confini larghi. Sì, resto a Palazzo Chigi un anno e poi prendo casa in collina, in piazza del Quirinale. Sì, certo, a quel punto si potrebbe anche andare alle elezioni. Sì, con l'Europa garantisco io. Qualcuno sostiene che tutte queste uova siano l'ultima speranza prima del commissariamento. Di certo c'è solo che piano piano si vede un'alternativa. Finora Conte è sopravvissuto perché davanti a ogni mal di pancia la risposta era sempre la stessa: e se poi arriva Salvini? Lo spauracchio a quanto pare è impallidito o non è più un salvacondotto. Tra la caduta del governo e il voto sono spuntate le uova.

Come in tutte le storie c'è però una zona cieca. Finora queste benedette uova dei draghi sono una leggenda. Qualcuno le ha viste? Matteo Renzi si comporta come se non ci fossero dubbi. Fa capire che ne ha già un paio in saccoccia. Non fa altro che spedire ultimatum dopo ultimatum e ogni volta rilancia, alza la posta, dice che la pazienza è in riserva. Non arriva però mai al punto di non ritorno. Non mette le carte sul tavolo e resta sempre il sospetto che in mano abbia una scala a cui manca sempre un gradino. Magari bluffa o sta ancora aspettando che l'ultimo uovo si schiuda.

Zingaretti, o chi per lui, vorrebbe tanto che la leggenda si avverasse. Il buon Goffredo, Bettini, giura che è vera. Bisogna avere fiducia. Nel Pd sono in tanti a non sopportare più gli arrocchi del premier. Sono mesi che si sente urlare: serve una svolta. Oltretutto, ragionano, i Draghi finirebbero per dividere il centrodestra, perché Giorgia Meloni ha già chiarito che lei, leggenda o non leggenda, non ha alcuna voglia di fare la frittata. Non vuole Conte, non vuole Draghi e teme che il nulla si stia mangiando la fantasia. A chi gli parla di «governissimi» ricorda i rischi dell'anello del potere. Senza le elezioni non si muove dall'opposizione.

Di Maio non ha di questi problemi. È cresciuto con altre leggende e si è pure stufato di ascoltare i suoi compagni di partito che se guardano la luna subito vedono una cospirazione. Il suo discorso è più pratico. Se le uova servono a ridimensionare Conte, che gioca troppo a fare il leader, a lui sta bene. L'importante è che ci sia una fetta di frittata anche per lui e per il suo progetto di pentastellati in doppio petto blu.

Di sicuro Mattarella con i draghi ci ha parlato.

Se Gianni Letta ne sarebbe il motore, il capo dello Stato ne è il custode. Come tutti quelli che sanno come stanno le cose non ne parlano. E Conte? Conte assicura che le uova dei draghi non esistono, solo che ne ha una paura fottuta.

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