Era stato bannato da Facebook per aver pubblicato delle foto di Mussolini, ma ora il popolare social network dovrà risarcirlo a causa del danno subito per la brusca interruzione delle sue relazioni sociali.
Il protagonista della vicenda, secondo quanto ribadito dalla Corte d'appello dell'Aquila con la sentenza 1659 (9 novembre), ha quindi diritto ad ottenere un risarcimento, come peraltro già determinato dal Tribunale di primo grado. La sospensione del profilo Facebook era arrivata a seguito della pubblicazione di alcune immagini di Benito Mussolini, nonché di didascalie e post tramite i quali l'uomo aveva palesato le proprie inclinazioni politiche. Per aver "violato gli standard della comunità", il social network aveva più volte bloccato il profilo dell'uomo, fino ad arrivare all'ultima sospensione di quattro mesi.
Stufo di essere divenuto bersaglio privilegiato di Facebook, il diretto interessato aveva deciso di rivolgersi alla giustizia ordinaria e denunciare quanto accaduto, riuscendo ad ottenere la sentenza di risarcimento di 15mila euro per danni morali. Il ricorso del social network non ha avuto l'esito desiderato, ma ha comunque permesso di tracciare alcune linee di principio sul tema specifico.
Contratto social
Quando ci si iscrive su Facebook si stipula un vero e proprio contratto sulla base di condizioni unilaterali predisposte dallo stesso social, alle cui clausole, tuttavia, va applicata la legge italiana. Se dal canto suo Facebook mette a disposizione la propria piattaforma, dall'altro l'utente accetta di cedere in cambio i propri dati personali, più sovente utilizzati per fini commerciali.
I social, tuttavia, spesso e volentieri aggiungono ulteriori clausole che attribuiscono loro l'autorità per rimuovere determinati contenuti ritenuti non affini alle proprie inclinazioni. Trattandosi di soggetti privati che non offrono servizi essenziali, tale possibilità è dunque riconosciuta loro, pur essendo tacito dovere di chi effettua i controlli quello di valutare attentamente se tali contenuti siano realmente offensivi o contrari agli standard della community. Cosa che non risponde, spesso e volentieri, ad un dato oggettivo.
Analizzando la situazione in esame, la Corte d'Appello ha ritenuto plausibili le prime due sospensioni dell'account, ovvero quelle in cui l'utente dava dello "stupido" ad un interlocutore con cui aveva avuto dei diverbi.
Niente da fare, con buona pace del social network, per quelle successive, causate dalla "mera pubblicazione di una foto con un commento che si limita all’espressione del proprio pensiero", che"non si ritiene sufficiente a violare gli standard della comunità". In ragione di tutto ciò, il risarcimento è stato determinato sulla base di 3mila euro complessivi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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